Ho letto “Prenditi cura di me” di Francesco Recami

La vita mi ha esentato dal dovermi prendere cura di un genitore. I miei se ne sono andati abbastanza giovani e in modo piuttosto rapido, con l’implacabilità del tumore che non lascia scampo. Mi sono perso quindi tutto quello che Recami racconta in questo romanzo e che è comune a tantissime famiglie: l’ictus di una persona cara e la sua presa in carico, la ricerca di un luogo per la riabilitazione, la selezione di una badante, la richiesta dell’assegno di accompagnamento, il caos delle strutture sanitarie.
Prenditi cura di me è un libro pessimista e triste, ma pervaso da una velata ironia fiorentina, quella che mi aveva fatto apprezzare l’autore di Il ragazzo che leggeva Maigret. Una storia che più vera non si può, piena com’è degli stereotipi tipici della famiglia italiana che ogni lettore si può divertire a riscontrare intorno a sé.
Stefano è il quarantenne separato e senza figli, indebitato e con tante attività fallite dietro le spalle, che è costretto a prendersi cura della mamma colpita da ictus. Coltiva però l’insano proposito di mettere mano al tesoretto di famiglia, che la donna gestisce gelosamente con la scaltrezza e la diffidenza tipiche del mondo contadino. L’inaspettata ripresa psichica e fisica della mamma mette però fine ai suoi disegni e lascia aperto il conflitto tra i due. Il finale è a sorpresa. Ma lo scrittore nelle ultime righe fa trapelare che ci sarà un seguito. Pubblicato quest’anno da Sellerio.

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