Ho letto “La cangura” di Juz Aleškovskij

Consegna la tessera di partito, stronzo! Le campagne e i contadini sono la garanzia del nostro rinascimento postbellico! Avete dimenticato il capitolo quarto, bastardi? Avete dimenticato la legge della negazione della negazione? Portate i semi nel kolchoz! Rifornite la popolazione di proteine! Vi mangerò tutti e sputerò le ossa del Politburo. Il popolo deve avere la pancia piena.
Lo scrittore russo Juz Aleškovskij, classe 1929, è stato un apprezzato autore di libri per bambini in Unione Sovietica negli anni ’70 e ’80, ma negli stessi anni riusciva ad essere un feroce oppositore del regime attraverso libri politici che circolavano anonimi in forma di samizdat. Componeva anche testi di canzoni contro la guerra e contro i gulag, una delle quali, pubblicata da un giornale nel 1979, lo costrinse all’esilio negli Stati Uniti. Quel brano, interpretato anche dal grande Vysotskij, si intitolava Compagno Stalin, sei un grande scienziato!  Della feroce presa in giro di “Baffone” e dello stalinismo è pervaso tutto questo volume, pubblicato da Voland nel 2014.
Stalin batte a terra il piede sinistro, e io capisco che gli inizia a ribollire merda in quel posto dove un uomo normale ha l’anima.
Nel romanzo che dà il titolo al libro il protagonista è Fan Fanyč, un piccolo delinquente che in epoca tardo-staliniana viene accusato dello stupro e del brutale omicidio della cangura Gemma allo zoo di Mosca. Il fatto sarebbe accaduto nell’improbabile notte tra il 14 luglio 1789 e il 9 gennaio 1905. L’incongruenza dell’accusa sarebbe evidente eccetto che per i burocrati staliniani che prendono per buono quanto elaborato da uno dei primi cervelli elettronici in uso. Il fatto è che in quegli anni i funzionari politici letteralmente fabbricavano fantasiosi dossier complottisti per poi appiccicarli addosso ad inconsapevoli avversari del regime. E così il povero Fan Fanyč è arrestato, tradotto in carcere, processato e infine, scampata per un pelo la condanna a morte, avviato ad un campo di lavoro. Salvo poi essere liberato e riabilitato quando il compagno Nikita Chruščёv diede il via alla destalinizzazione dell’Unione Sovietica.
Noi, vecchi bolscevichi che a rischio della vita abbiamo preso il Palazzo d’Inverno e lavorato fianco a fianco con Lenin, siamo assolutamente determinati a liquidare il liquidatore che si è intrufolato nelle nostre fila, l’opportunista e malintenzionato canguromane C.A.Z.Z.Ohio.
Che è l’ennesimo alias del protagonista, il quale racconta la sua disavventura in prima persona, a un interlocutore di nome Kolja che poi è se stesso. Nel suo delirante e allegorico racconto ce n’è per tutti: da Marx – denominato di volta in volta Karlo Marlo, Kirlo Mirlo, Kurlo Murlo… – a Rosa Luxemburg, a Freud, passando per tutta la nomenklatura del partito di allora.
– Basta così, dottor Freud! Lei sarà anche un esperto di vasini da notte e persone anormali, ma dell’umore degli effetti personali, cose con cui tocca vivere più che con le femmine, non ne capisce un cazzo.
Se La cangura è la storia di una clamorosa ed evidente ingiustizia, il romanzo breve che lo segue, Nikolaj Nikolaevič: il donatore di sperma, è ancora più paradossale. Il protagonista è un borseggiatore, appena uscito da un periodo di restrizione, che trova lavoro in un istituto di ricerche scientifiche. Deve solamente donare il suo sperma. Tutte le mattine alla stessa ora. A comando… E’ un lavoro ben remunerato che per qualche tempo lo mette al riparo dai problemi economici.
Insomma la mattina me ne andavo all’Istituto, timbravo il cartellino e tiravo dritto, mi guardavo bene dal farmi delle storie con le tizie che giravano lì attorno, avevo paura che a farmi troppe scopate quando poi arrivava il momento di dare lo sperma mi toccava lasciarli a secco.
La storia va avanti per un pezzo, per la soddisfazioni di tutti, gli scienziati e Nikolaj, investito di una grande missione, creare una nuova umanità in un altro pianeta, grazie ai suoi spermatozoi. Per la gloria di Stalin e del Comitato Centrale. Nikolaj diventa però sempre più esigente, vuole vendersi meglio. Tra l’altro un giorno non riusciva a tirarsela, la sega, e ha avuto bisogno dell’aiutino, diciamo così, della confortevole mano della giovane assistente del direttore dell’Istituto.
Succede poi che Stalin tira le cuoia e un minuto dopo si comincia a parlare male di lui. L’istituto e la scienza che persegue vengono sottoposti a revisione. Altri ipotetici obiettivi si affacciano, come la sega simultanea di tutta la popolazione maschile del mondo, un’esplosione di energia più forte del plasma termonucleare.
Per realizzare questa operazione altamente sincronica è necessaria un’autodisciplina assoluta unita all’autocoscienza delle masse e, si capisce, la sensazione di avere un obiettivo comune.
Potente satira politica. E il comunismo è servito.
PS A me, cultore di Prilepin, questo libro era stato sconsigliato al Salone del Libro. Ho voluto comprarlo ugualmente e mi ha divertito molto.

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