Ho letto “Era di maggio” di Antonio Manzini

In questura le cose continuavano ad andare avanti anche senza la presenza di Rocco.
E’ da leggere assolutamente subito dopo Non è stagione, perché non solo ne rappresenta la continuità ma vi si potrebbe addirittura fondere. L’indagine è ancora quella relativa al rapimento di Chiara Berguet, adolescente di buona famiglia, di cui non si sono mai delineati i contorni. Sullo sfondo contrasti tra imprese valdostane nel mondo dell’edilizia e degli appalti.
All’inizio di questa storia muore nel carcere di Varallo Mimmo Cuntrera, il mandante di quel rapimento. Viene trovato in cortile, ormai cadavere, al termine di una rissa tra detenuti alla quale peraltro non aveva partecipato. Apparentemente si tratta di un infarto, ma un’intuizione del giudice Baldi e la caparbietà del perito settore Alberto Fumagalli fanno risalire a un avvelenamento la causa del decesso. Rocco Schiavone è ancora frastornato per la morte, pochi giorni prima, della sua amica Adele, uccisa da un killer mentre dormiva nel letto del vicequestore. Nel breve periodo di congedo che gli è stato consigliato dopo il fattaccio si muove tra Aosta e Roma sulle tracce del possibile assassino, aiutato dai suoi amici romani di sempre.
C’è da dire che mentre le inchieste aostane di Rocco Schiavone in ogni libro hanno un inizio e una fine, ciò che riguarda il suo passato non si conclude mai e si trascina nella storia successiva. Passi avanti sì, ma soluzione mai! Con buona pace del lettore che non vede una conclusione ed è costretto a comprare/leggere il romanzo successivo.
E ricordi che l’avrebbero tormentato negli anni a venire, dalla mattina alla notte più profonda, fino a quando sarebbe arrivato quel giorno in cui avrebbe chiuso gli occhi per sempre abbandonando corpo cervello e rimorsi alla terra, ai vermi e alle piante.
Ciò che piace dei gialli seriali è comunque il contesto, il contorno, vedere all’opera gli stessi agenti, lo stesso giudice, questore, anatomopatologo, Anna, Caterina Rispoli, Italo Pierron, la bastardina Lupa o meglio un Saint-Rhémy-en-Ardennes e via dicendo. Rocco Schiavone è sempre il solito gradasso. In questa storia aggiorna di continuo e sottopone ai suoi subalterni una particolare graduatoria delle rotture di scatole. Il decimo grado è sempre rappresentato da un caso di omicidio, al sesto posto perdere il segno del libro, al settimo aspettare la valigia all’aeroporto o vederla arrivare rotta o non vederla arrivare affatto, all’ottavo i messaggi non firmati, ma prima anche i bar senza i gelati Algida, gli zero dell’Iban, Radio Maria… E’ uno che affibbia agli interlocutori sembianze zoomorfe e che fa struggenti dialoghi con Marina, la moglie morta in un agguato contro di lui e per la quale si sente eternamente e profondamente in colpa. Perché così è il vicequestore romano ‘deportato’ al nord, cinico e scorretto, ma anche capace di grande autoironia e di gesti generosi. Ora non ci resta che attendere la prossima storia.
“Fantastico è un modo cortese per dire esticazzi!”.

I precedenti:
Pista nera (2013)
La costola di Adamo
(2014)
Non è stagione
(2015)

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