Ho letto “Butcher’s Crossing” di John Williams

Pubblicato nel 1960 dal romanziere americano John Edward Williams (1922-1994), cinque anni prima dell’acclamato Stoner, conosciuto in Italia solo dal 2012, Butcher’s Crossing da anni è dato come un titolo in lavorazione e un film di prossima uscita. In realtà il progetto non si è mai sviluppato completamente anche se nel 2009 i diritti sono stati acquisiti dal premio Oscar Sam Mendes (American Beauty, Era mio padre, Revolutionary Road, American Life, Skyfall). A leggere il romanzo si comprende il perché dell’interesse del regista e produttore americano. Potrebbe diventare un western grandioso e atipico sul mito della frontiera, della natura selvaggia e della cruenta caccia ai bisonti.
Si può leggere Butcher’s Crossing come la grandiosa avventura di un ragazzo affascinato dall’epopea del west oppure come una profonda critica alla continua violenza praticata dall’uomo nei confronti della natura. Il protagonista è William Andrews, ventitre anni, rampollo di una famiglia agiata di Boston. Abbandona l’università di Harvard dopo due anni perché attratto dalla terra e dalla natura. Dal padre ha avuto un contatto con un commerciante di pelli del piccolo villaggio di Butcher’s Crossing, nel Kansas, per un lavoro impiegatizio. Dimenticavo, è il 1873. Investe il gruzzolo portato da casa in una battuta di caccia ai bisonti, arruolando un cacciatore, uno scuoiatore e un addetto alla logistica. La meta è una valle del Colorado la cui conformazione dovrebbe consentire una caccia memorabile. Si parla di decine di migliaia di pelli, da rivendere per un incasso stratosferico.
La grande pianura ondeggiava sotto di loro mentre avanzavano dritti verso ovest. La rigogliosa erba dei bisonti, che continuava a ingrassare le bestie nonostante la fatica del viaggio, durante il giorno cambiava colore. All’alba, sotto i raggi rosa del primo sole, era quasi grigia; più tardi, con la luce gialla di metà mattina, diventava verde brillante; a mezzogiorno prendeva una sfumatura azzurrognola; nel pomeriggio, con l’intensità del sole, i fili visti in lontananza perdevano la loro individualità, e nel verde spiccava una colata netta di giallo.
Quanto promesso da Miller, il cacciatore, per un bottino indimenticabile si avvera puntualmente, i bisonti sono davvero migliaia e migliaia.
Molti bisonti giacevano tranquilli sull’erba soffice della valle come protuberanze, rocce scure, senza forma né identità.
La caccia si protrae dalla primavera all’autunno e l’imprevisto è rappresentato dall’arrivo anzitempo della neve. Impossibile tornare indietro e affrontare settimane di viaggio con il carro tirato dai buoi appesantito dal carico delle pelli. I valichi per uscire dal Colorado non sono più praticabili e i quattro uomini devono attendere la primavera e lo scioglimento delle nevi dopo una convivenza forzata e distruttiva di mesi. E’ la natura che si ribella alla violenza che le è stata praticata. Il viaggio non si conclude come il ragazzo aveva sperato, altri imprevisti lo attendono al ritorno. Ma per William Andrews non è stato un percorso inutile. In quell’anno ha faticato, ha sognato, ha contemplato la bellezza della natura, ascoltato i suoi silenzi, è maturato, si è fatto uomo.
Fece un bel respiro inalando l’aria fragrante che saliva dall’erba fresca, mischiandosi al sudore umido del cavallo. Strinse le redini in una mano, sfiorò coi tacchi i fianchi dell’animale e cavalcò verso l’aperta campagna.
Libro memorabile.

Altro di John Williams:
nulla, solo la notte (Fazi Editore, 2014)

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