Ho visto “Italian Gangsters” di Renato De Maria – Biennale di Venezia 2015, Orizzonti 72

Una docu-fiction di Renato De Maria ha inaugurato a Venezia la sezione Orizzonti 72. Italian Gangsters porta sullo schermo l’epopea negativa delle rapine in banca, trent’anni – suppergiù dalla fine del secondo conflitto mondiale alla metà degli anni ’70 passando per il boom economico – che hanno segnato la cronaca italiana e che sono entrati nella leggenda grazie al cinema e alle biografie stesse dei personaggi che li hanno caratterizzati.
Non c’è molto cinema in questo film, se non per gli spezzoni di una ventina di pellicole italiane e francesi di quegli anni – La banda Casaroli, Milano rovente, Asfalto che scotta, I vinti, Una vita violenta, La classe operaia va in paradiso, La città sconvolta… – da cui De Maria ha attinto per contestualizzare la narrazione, oltre a immagini d’epoca di Rai  e Istituto Luce. C’è invece molta teatralità, grazie alla recitazione dei sei attori che il regista ha scelto per interpretare i protagonisti di quelle sanguinose vicende. Tutti ripresi in primissimo piano, volto illuminato e sfondo scuro.
Francesco Sferrazza Papa interpreta Ezio Barbieri, a Milano il capo della ‘banda dell’Aprilia nera’, la cui carriera si arresta già nel 1946 e poi diventa un pellegrinaggio da un carcere all’altro, spesso con rivolte e tentativi di evasione.
Sergio Romano è Paolo Casaroli, il capo dell’omonima banda di rapinatori bolognesi attiva a Roma nel primo dopoguerra.
Aldo Ottobrino è un convincente Pietro Cavallero, capo della banda criminale che operava tra Torino e Milano nei primi anni ’60 e che ha disseminato le due città di morti e feriti durante le imprese.
Paolo Mazzarelli dà volto e voce a Luciano De Maria, esponente della banda resa famosa dalla rapina di via Osoppo a Milano nel 1958 quando sette banditi in tuta blu da operaio e con il volto coperto assaltarono una filiale della Banca Popolare.
Andrea Di Casa è Horst Fantazzini, altro bandito famoso in quegli anni poi protagonista nel 1973 di un clamoroso tentativo di evasione dal carcere di Fossano.
Infine Luca Micheletti interpreta Luciano Lutring, il ‘solista del mitra’ divenuto in seguito apprezzato pittore.
Sono tutti attori poco conosciuti e di talento. Il risultato è un grande affresco di un’epoca in cui convivere con le rapine era cosa normale. Addirittura una volta due bande diverse – evidentemente non c’era coordinamento – si presentarono a rapinare la stessa banca nel giro di pochi minuti. Nel film non c’è nulla di romanzato, gran parte della sceneggiatura – dello stesso De Maria con Valentina Strada e Federico Gnesini – è basata sulle autobiografie che ciascun personaggio ha scritto nel corso degli anni. Semmai è molto calcato l’autocompiacimento dei gangsters nel narrare le proprie gesta. Del resto sono diventati leggendari: su di loro hanno fatto film, scritto articoli, hanno occupato pagine e pagine dei rotocalchi. Erano tutti imbevuti di una qualche ideologia ribellista, di estrema sinistra o di destra, ma soprattutto attratti dal facile arricchimento. Qualcuno citava Oscar Wilde, Nietzsche e Brecht (Fondare banche è più immorale che rapinarle), tutti vestivano con eleganza, naturalmente amavano le belle donne e le auto di lusso. Le rapine in banca erano spettacolari nonché studiate nei minimi particolari, come nei film appunto. Oggi è tutto cambiato e in banca vanno disperati solitari con il taglierino in mano.
Credo che Renato De Maria con questo film abbia compiuto un buon servizio alla comprensione di un periodo drammatico del nostro Paese. Applausi convinti al termine dell’anteprima mondiale.

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