Ho visto “The Fits” di Anne Rose Holmer – Venezia 2015, Biennale College

Periferia di Cincinnati, scuola moderna e ben tenuta, con tante attività da coltivare nel pomeriggio. La tredicenne Toni si divide tra la boxe, praticata nella palestra frequentata anche dal fratello più grande, e un gruppo di danza moderna nel quale è appena entrata, denominato le “Leonesse”. Se nella boxe essendo l’unica fanciulla non ha avversari e continua a misurarsi solo con il saccone, nella danza si deve confrontare con ragazze assai determinate e molto più avanti di lei. Da quando è entrata nel gruppo però iniziano a verificarsi strani episodi, con le compagne in preda a svenimenti e crisi (the fits) convulsive. Mentre Toni assiste spaventata a questi fenomeni, è la quasi totalità delle ragazze a esserne interessata. Tuttavia nessuno mette in relazione il suo ingresso nel gruppo con quegli strani episodi, che spaventano genitori e insegnanti ma che forse sono solo il frutto di una suggestione collettiva. Toni è soltanto una ragazzina alle prese con i cambiamenti fisici tipici della sua età, sempre attenta a cosa succede intorno a lei e forse più sensibile delle compagne.
La giovane regista Anna Rose Holmer, già operatore alla camera e documentarista, ha aggiunto alle immagini una colonna sonora da film ‘horror’, efficace nel depistare lo spettatore da quella che è soltanto la storia di una ragazzina e del suo passaggio all’età matura.  Mette però grande bravura nelle immagini che si risolvono prevalentemente negli interni delle palestre e degli spogliatoi e in poche sequenze di una realtà americana suburbana. Viene da pensare che si tratta di scuole e palestre simili a quelle in cui sono maturati tanti fatti di sangue, prima e dopo la strage di Columbine. Per fortuna in questo caso non è così e il film ci lascia un senso di levità, con l’adolescente Toni (Royalty Hightower, bravissima) che letteralmente si solleva e rimane sospesa da terra davanti alle compagne incredule. Siamo nati dalla luce e dal sogno, recita la canzoncina finale, e invece siamo schiavi della gravità. Un finale un po’ tirato via, ma perdonabile nello spirito di Biennale College, progetto rivolto alla formazione di giovani registi.

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