Ho visto “Madame Courage” di Merzak Allouache (Algeria) – Biennale di Venezia 2015, Orizzonti 72

Merzak Allouache, settantenne cineasta algerino tra i più apprezzati e conosciuti tra i festivalier di tutto il mondo, con questo film riprende i temi già toccati due anni fa con Les terrasses, sempre a Venezia nella rassegna Orizzonti, film corale e accorata critica della società del suo Paese. Madame Courage racconta la miseria di una periferia di Mostaganem, città della costa nordoccidentale dell’Algeria, dove l’adolescente Omar vive in una bidonville insieme alla madre bigotta e alla sorella prostituta. Lui vive di scippi e piccole rapine per sfamare la madre e togliersi qualche sfizio, come un cellulare per fare foto. Mentre ruba una collanina, Omar viene fulminato con lo sguardo dalla ragazza scippata, quanto basta per pentirsi del gesto, seguire la ragazza e restituirle il maltolto. Da quel momento non smette di seguirla, bivaccando notte e giorno sul lungomare di fronte alla sua abitazione. Selma, la ragazza, però è sorella di un poliziotto che presto si accorge di Omar e dopo la sua ennesima intemperanza lo porta in centrale. Qui scopriamo la pertinenza del titolo del film. ‘Madre Courage’ non è altro che la definizione gergale di una pasticca psicotropa molto diffusa, con la quale i giovani algerini cercano coraggio ed euforia. Omar ne è dipendente, come pure lo è dall’alcol.
Esce malconcio dall’interrogatorio e, ormai totalmente fuori di senno, attende sotto casa il poliziotto armato di una mannaia. E’ quella stessa arma con la quale si era vendicato del protettore della sorella, reo di averla pestata a sangue. Omar però si addormenta nell’androne e la mattina seguente, Selma, uscendo per andare al liceo gli getta uno sguardo e tira dritto.
Il regista ci risparmia un finale che potrebbe essere ancora più drammatico: la denuncia della situazione del paese ormai è fatta. L’Algeria vive una situazione politica e sociale molto complessa, droga e prostituzione sono ovunque. Le preghiere del muezzin raggiungono ogni angolo ma non hanno effetto sulla violenza dilagante. La mamma di Omar segue in tv un canale di sole prediche e lancia inutilmente le sue invettive sui figli che hanno preso una brutta e forse inevitabile strada. Adlane Djemil, già presente in Les terrasses, fornisce una maschera impassibile e impressionante a Omar, che si ravviva solo nel momento in cui si scatta dei selfie. Ma è soltanto un ghigno spaventoso.
Bel film da festival.

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