Ho visto “Padri e figlie” di Gabriele Muccino

Mai stato mucciniano, né convinto né tiepido. Però confesso che il film mi è piaciuto, pur se gronda sentimentalismo dalla prima scena all’ultima. La storia si dipana e si alterna su due piani, anzi tre. Il primo è nel passato: 1989 a New York, dove lo scrittore Jake Davis, già premio Pulitzer, vive il dramma di aver causato la morte della moglie per una imprudenza in auto. Con quell’incidente non solo ha privato la figlioletta Katie dell’adorata madre, ma si è anche procurato uno stress mentale e fisico che lo ha condotto per nove mesi in una clinica psichiatrica. In quel lasso di tempo, Katie è stata affidata alla zia, sorella della madre morta il cui marito è un ricco e potente avvocato. Pur non guarito dalle cure, Jake torna a riprendersi la figlia ma gli zii sono restii a lasciarla andare, anzi gli propongono di adottarla. Segue la strenua lotta dello scrittore per tenere con sé l’adorata bambina anche nelle ristrettezze economiche in cui si dibatte. Né gli serve la pubblicazione di un nuovo libro sul quale si è accanito per trovare i soldi che gli diano modo di mantenere la figlia e affrontare le notevoli spese legali a cui è costretto. Il libro è un fiasco e costituisce un’arma in più in mano agli arroganti cognati per denigrarlo.
Nel secondo piano temporale troviamo Kate, venticinque anni dopo diventata assistente sociale. Si occupa di bambini disagiati ma si confronta con problemi psichici suoi propri, derivanti dalla mancanza della figura del padre, la cui tragica fine Muccino ci farà scoprire con il progredire della narrazione. Kate è affetta da bulimia sessuale abbinata a una profonda anaffettività. Il film la segue nel suo concedersi a chiunque, ma parallelamente sviluppa il suo rapporto con una bambina di colore che, traumatizzata per qualche motivo, non parla più. E’ la chiave per far uscire Kate dalla propria involuzione che infine scatta ascoltando il popolare brano di Bacharach nella versione dei Carpenters Close to You, scelta un po’ ruffiana ma che rappresenta uno dei momenti più toccanti del film.
Gabriele Muccino fa avanti e indietro nel tempo e piano piano ci fa scoprire tutta la storia, sempre mantenendone alta la drammaticità. Ha fatto un fim sulla genitorialità, in cui tutti sbagliano e vanno avanti a testa bassa sui propri errori: il padre Jake, gli zii, la stessa Kate quando si è fatta grande. L’americano Muccino comunque non dimentica l’Italia: la colonna sonora è di Paolo Buonvino, cita Jovanotti e infila di sguincio una veduta della 500 FCA. Jake è il gladiatore premio Oscar Russell Crowe (Les Misérables, The Water Diviner tra gli ultimi visti), convincente nel ruolo di scrittore-padre, Kate è Amanda Seyfried (In Time).

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