Ho letto “Francesco d’Assisi” di Hermann Hesse

Fin dai tempi antichi hanno vissuto sulla terra uomini grandi e magnifici che mai hanno pensato di conquistare la gloria attraverso singole gesta straordinarie o scrivendo poemi e libri.
L’autore di Siddharta e Narciso e Boccadoro pubblicò questa piccola biografia su San Francesco nel 1904, all’indomani di alcuni viaggi in Italia effettuati tra il 1901 e quell’anno e appena prima della pubblicazione del suo grande successo Peter Camenzind, al quale peraltro lavorava da alcuni anni. Non si tratta solo di una biografia, ma di un insieme di scritti giovanili di Hesse, riscoperto e pubblicato più volte in Italia a partire dagli anni ’80. Non ancora avviato verso altri percorsi spirituali e culturali, Hesse mostra una forte attrazione verso la figura del Poverello.
Ci sono stati altri santi la cui anima certo non fu meno pura e nobile, ma li si ricorda ormai solo di rado. Egli, invece, fu figlio e poeta, maestro e insegnante dell’amore, umile amico e fratello di ogni creatura, e se anche gli uomini lo dimenticassero, parlerebbero di lui le pietre e le sorgenti, i fiori e gli uccelli.
Hesse lo considera un ideale di vita in sintonia con la natura, a cui può rivolgersi l’anima inquieta dell’uomo suo contemporaneo (quello che disse e fece risuona oggi con la stessa vivida forza che ebbe nel suo tempo, settecento anni fa). Lo scrittore ripercorre i luoghi francescani, San Damiano, la Porziuncola, Rivo Torto, il viaggio a Roma per cercare l’approvazione di papa Innocenzo III allo stile di vita suo e dei compagni.
Altre pagine sono dedicate alle leggende, narrate in tono favolistico, che nel corso dei secoli hanno accompagnato la vita di Francesco.
Nell’attimo in cui spirò si posò sul tetto della sua capanna un grande stormo di allodole, che intonarono un forte canto.
In appendice la vita del Santo è ripercorsa nuovamente nello scritto I fioretti di San Francesco d’Assisi, datato 1905, mentre lo scrittore tedesco tornò ancora sulla sua figura con un altro saggio nel 1919 dopo il viaggio in Oriente, la prima guerra mondiale, il ricovero seguito a una forte depressione, il trasferimento in Svizzera, a dimostrazione di quanto forte e a lungo sia stata l’influenza di Francesco su di lui.
I Fioretti, che malgrado il loro contenuto devoto precorrono la letteratura italiana, sono il monumento più bello e imperituro che un grande uomo abbia mai ispirato nella letteratura del suo popolo.
E nella pittura, nella scultura, nell’architettura, nella musica, nel cinema e la televisione…
Una bella lettura davvero in questi giorni concitati e pieni di paure.

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