Ho visto “God Bless the Child” di Robert Machoian e Rodrigo Ojeda-Beck’s – TFF 33

I cinque fratelli Graham, dai 2 ai 14 anni – Harper (14), Elias (12), Arri (8), Ezra (5), Jonah (2) – rimangono soli in casa per una intera giornata perché la mamma li ha abbandonati. Non dev’essere la prima volta. La donna è fortemente depressa e non è affidabile. Ogni tanto sparisce e la gestione domestica passa alla figlia quattordicenne, l’unica femmina tra quattro fratellini maschi. Che Dio benedica il bambino, titola il regista. I ragazzi si organizzano, giocano (a due a due o tutti insieme), si immedesimano nei loro supereroi preferiti, giocano a palla, litigano, lavano il cane, sguazzano nell’acqua pure loro. Harper cucina e cerca di evitare che la casa diventi un accampamento. Sono giorni d’estate, l’abitazione ha un piccolo cortile che diventa valvola di sfogo per l’esuberanza dei bambini. Harper cerca al telefono la mamma ma inutilmente. La depressione aleggia sul film ma non è così evidente. La mamma potrebbe essere scappata per mille altri motivi, potrebbe anche non tornare più. Di una figura paterna non c’è traccia.
I bambini sono tutti figli del co-regista Robert Machoian e hanno già partecipato a diversi ‘corti’ girati dal padre. Il film è spontaneo, naturalmente non c’è sceneggiatura e la macchina da presa si limita a osservare come si comportano dei bambini lasciati allo stato brado. Dall’alba al tramonto. C’è anche tempo per uscire e andare a giocare a nascondino tra le stoppie di un campo incolto. E’ interessante osservare come si compongono e si sciolgono le alleanze temporanee tra i quattro maschietti. Ma di fondo resta la coesione familiare che li aiuta a sopportare una giornata senza la mamma.
God Bless the Child mi ha riportato alla memoria un film americano degli anni Cinquanta.
Little Fugitive (1953) di Ray Ashley, Morris Engel e Ruth Orkin è stato un vero capolavoro: in quell’anno Leone d’Argento a Venezia e nomination agli Oscar per la miglior storia. Da bambino l’ho visto e rivisto tante volte. Mi è rimasto così impresso che lo ricordo perfettamente. In quel caso i fratellini erano due, lasciati soli dalla mamma a Brooklyn per un’intera giornata. Joey, sette anni, per uno stupido scherzo del fratello Lennie, scappa in treno verso Coney Island, dove trascorre tutto il giorno al lunapark. E’ un film sulla capacità di arrangiarsi dei bambini se lasciati soli. Anche in situazioni ‘ostili’, come può essere il mondo dei grandi. A differenza dei cinque fratelli Graham, rinchiusi nella iperprotettiva casa di famiglia, Joey e Lennie devono ingegnarsi per sopravvivere in un mondo che non conoscono.
Tornando al film presentato in concorso al TFF33, Harper è la figura che si sacrifica e sulla quale quelle giornate peseranno di più. Il suo breve incontro con un coetaneo testimonia della forzata rinuncia alla sua adolescenza.

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