Ho visto “Coma” di Sara Fattahi – TFF33

La guerra civile in Siria (ma non si dovrebbe dire in-civile?) dura ormai da quattro anni. Abbiamo letto reportage giornalistici e visto drammatici servizi video-fotografici. Ma non avevamo ancora visto come si vive all’interno di un appartamento. Sara Fattahi, 32 anni, ci mostra come vive una famiglia a Damasco, la sua famiglia, mentre le forze governative e i cosidetti ribelli si combattono. Con la macchina da presa riprende se stessa, la mamma e la nonna, che vivono come recluse, con il sottofondo di un televisore che trasmette una soap opera araba alternata ai notiziari sulla guerra. La loro è una convivenza forzata in una casa estranea, una delle poche rimaste in piedi, perché quella dove vivevano è stata bombardata. Tre donne, tre generazioni diverse, tre necessità differenti. La nonna rimpiange il marito morto. La figlia il suo matrimonio andato a finire male e una vita che avrebbe potuto prendere pieghe diverse. La nipote vorrebbe uscire da quella situazione e affrontare il suo futuro. Tutte e tre sentono la mancanza di un uomo per casa, una figura protettiva. Intanto ci sono le incombenze quotidiane da affrontare, come cucinare, nutrirsi, leggere il Corano, recitare le preghiere, preoccuparsi del gas che presto mancherà e farà freddo. Ma c’è anche il tempo di giocare a carte. Fuori la città sta morendo. E’ ormai in un coma progressivo e irreversibile. Se c’è una speranza, è affidata alle immagini conclusive, con una solitaria giostra da luna park in una giornata molto assolata. Le immagini sono molto particolari, a volte sfocate, spesso interrotte, quasi a voler dare conto di una precarietà di mezzi oltre che di vita: pare quasi un documentario rubato, estorto in qualche modo.
Il film ha avuto una gestazione di due anni, poi è stato presentato a Nyon, alla rassegna Vision du Réel, dove ha vinto il premio per la migliore opera prima. In concorso al TFF, Coma è stato accolto con interesse. Sara Fattahi ora vive in Libano.

 

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