Ho letto “Non tutti i bastardi sono di Vienna” di Andrea Molesini

“….e poi si dice che gli italiani non hanno il senso dello Stato! Ma è lo Stato che non ha il senso degli italiani”.
C’è il nonno Guglielmo, le cui sentenze sono fulminanti. “Agli stupidi piace mettere la stupidità in vetrina, e non c’è niente di meglio della parola per questo”. C’è la nonna Nancy, appassionata collezionista di apparecchi per clisteri di ogni tipo. A dispetto dei suoi settant’anni, era alta e dritta, forte e bella, una pantera canuta. C’è la zia Maria o Donna Maria, bella e fiera, che non disdegna la corte degli uomini, specialmente se affascinanti ufficiali. C’è Paolo, che racconta la storia, adolescente inquieto, orfano di entrambi i genitori, cresciuto a Villa Spada con i nonni e la zia. Feci il giro del parco, l’aria mi pungeva gli occhi e mi accendeva la mente, pensavo al discorso del nonno. “Bisogna imparare a tirar calci”. Sono troppo buono e mite, pensavo.
E poi i servi: la cuoca tuttofare Teresa, la figlia Loretta, piacente ma di scarso intelletto, il custode Renato, in realtà un maggiore del regio esercito. E ancora Giulia …matta, bella, rossa. Uno schiaffo di lentiggini. E Don Lorenzo, il parroco dall’alito che uccide. In poche pagine Andrea Molesini ci presenta tutti o quasi i personaggi in commedia. Che sarebbe una bella e pruriginosa commedia nella campagna trevigiana – …i signori – in quegli anni, almeno – non finivano in gattabuia, e non erano nemmeno matti, semmai eccentrici: un signore era cleptomane, non ladro, e una signora ninfomane, mai puttana – se non ci fosse di mezzo il dramma della Grande Guerra e la splendida villa non fosse occupata e adibita a comando nemico dagli austroungarici.
Il libro è il bildungsroman di Paolo nei mesi seguenti la capitolazione di Caporetto, con la convivenza forzata tra gli occupanti e i padroni, il mesto e sgangherato tentativo di questi di ottenere informazioni da trasmettere alle truppe italiane oltre Piave. Mentre il cibo scarseggia e la fame si fa sentire (Teresa si ingegna a cucinare anche con gatti e ratti….), si instaura una sorta di reciproco rispetto tra gli ufficiali austriaci e la famiglia Spada. Il barone, quando usciva dal suo ufficio, una stanza al piano terra, sul lato più distante dalla strada, passava del tempo con noi: con la zia – in paese già si chiacchierava – ma anche con me e il nonno – Solo la nonna si teneva alla larga: era rimasta fedele all’idea di opporre all’invasore la sua cortese scortesia. Non mancano gli episodi di violenza, mentre l’epilogo della vicenda della famiglia di Paolo lascia intravedere un filo di speranza in più rispetto a quanto, sullo sfondo, ci mostra la Storia con la s maiuscola. E così la mattanza si porterà via razza e rango, e le grandi nazioni si faranno più piccole, e non è detto che questo farà il mondo migliore.
Mi sono deciso a leggere “Non tutti i bastardi sono di Vienna” dopo aver conosciuto l’autore ad una presentazione torinese. In genere mi tengo lontano dai libri che vincono i premi – e glielo dissi al momento di porre l’autografo sulla mia copia – ma in quella occasione era stato convincente. Dimenticavo, il titolo, che potrebbe dare origine a un tormentone (in realtà tanti bastardi sono di Torino ecc…..), si riferisce a una frase di don Lorenzo nel momento in cui accoppa un grosso topo da far cucinare.
Il vero guaio è che a generali cretini potrebbero succedere sergenti cretini.

Share this nice post:
Questa voce è stata pubblicata in Libri. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*