Ho visto “Heart of the Sea – Le origini di Moby Dick” di Ron Howard

L’epopea della caccia alle balene affascina ancora? In fondo non siamo forse tutti figli della Balena Bianca? No, non mi riferisco alla Democrazia Cristiana, ma a Moby Dick, l’ottocentesco romanzo di Herman Melville (per non dire delle sue derivazioni cinematografiche) che ha affascinato intere generazioni di lettori.
Ron Howard in Heart of the Sea ne racconta la genesi ovvero la storia reale che è alla base del capolavoro del romanziere. Nel film (tratto dal libro Il cuore dell’Oceano – Il naufragio della baleniera Essex dello storico Nathaniel Philbrick, ripubblicato da Elliot Edizioni proprio in occasione dell’uscita nelle sale) si narra dell’incontro avvenuto nel 1850 tra Melville e Thomas Nickerson (Brendan Gleeson), un marinaio sopravvissuto trent’anni prima al naufragio della baleniera, attaccata da un cetaceo di enormi dimensioni. Mentre si snoda il racconto del marinaio, il giovane Melville prende quegli appunti che serviranno per elaborare Moby Dick (1851), uno dei più grandi romanzi di ogni tempo. Nella storia (vera) dell’Essex ci sono dunque le basi per la vicenda (inventata) del Pequod e del suo capitano Achab. Il giovane e valoroso baleniere Owen Chase (Chris Hemsworth, il James Hunt del film Rush – 2013 sempre di Ron Howard) ambisce a comandare una nave tutta sua, ma gli armatori di Nantucket preferiscono assegnare l’Essex a George Pollard (Benjamin Walker), a sua volta figlio di armatori, a cui Chase farà da primo ufficiale. Lo scontro tra i due appare subito evidente. Pollard in fatto di navigazione è pressoché inesperto e nasconde la sua ignoranza sotto una buona dose di arroganza. Il contrasto si acuisce di fronte alle difficoltà che inevitabilmente riserva il mare – bonacce e tempeste – ma diviene insanabile di fronte alle decisioni da prendere sulla caccia. Ingolosito dalla prospettiva di un bottino di olio leggendario, il capitano contro il parere di tutti porta l’Essex al largo dell’Ecuador in una zona dove vive una leggendaria e imprendibile balena bianca a cui si attribuiscono già molti naufragi. Quando la gigantesca balena compare, dapprima fa scempio delle scialuppe dei fiocinieri poi attacca e affonda la nave. Saranno pochi i superstiti, tra questi Pollard, Chase e il narratore Nickerson, all’epoca poco più che un ragazzo. Alla deriva per mesi, i naufraghi riusciranno a sopravvivere anche grazie a episodi di cannibalismo prima di essere avvistati e salvati da un’altra nave. Ulteriori sorprese attendono Chase in patria, dove gli armatori gli addebiteranno il fallimento della spedizione.
Non è una lotta tra il bene e il male (Achab vs Moby Dick) quella che Ron Howard porta sullo schermo, né vi sono nel film le simbologie di cui è pieno il romanzo di Melville. Neppure approfitta della vicenda per intessere un discorso ecologista. Solo in conclusione infatti si fa cenno alla imminente scoperta del petrolio. Se nel ‘700-800 aveva un senso ricavare olio da illuminazione dal grasso di balena, oggi la caccia ai cetacei (per uso alimentare!) operata soprattutto dai giapponesi appare come una crudeltà inutile e un insulto al buon senso.
Purtroppo Heart of the Sea è stato in programmazione meno di un mese, presto espulso dalle sale per far posto alle cavolate di Natale. No, forse l’epopea della caccia alle balene non affascina più.

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