Ho letto “Honky Tonk Samurai” di Joe R. Lansdale

Sono i guai che vengono a cercare noi. Spesso comincia tutto per caso, poi qualcosa si allenta e comincia a sferragliare, come il bullone di una giostra in un luna park.
Ormai dopo una trentina di libri letti (è lo scrittore che ho più seguito in assoluto da un quindicennio a questa parte, anche perché ce ne sono pochi così prolifici) conosco bene dove Lansdale va a parare. Per lo meno per quella decina di romanzi sulle gesta di Hap & Leo (non starò a spiegare chi sono, se avete stomaco leggete) il cui canovaccio è sempre il solito: duecento pagine di predisposizione della vicenda con l’inquadramento degli antagonisti di turno, la riesumazione di personaggi del passato per comporre ‘la squadra’ e la preparazione delle armi. Poi altre duecento pagine di azione vera e propria dove ne accadono letteralmente di tutti i colori.
E’ sempre Hap Collins il narratore delle vicende. I due amiconi sentono ormai il peso degli anni, non tutto è come una volta. La parola ‘pollastrella’, ad esempio, viene usata sempre meno ed evoca ormai ricordi sbiaditi.
Cominciavo a sentire gli anni che si accumulavano, sempre più astiosi nei miei confronti man mano che mi avvicinavo al presente. Quando arrivi ai cinquanta, cominci a capire quanto tempo hai sprecato sulla terra.
Quello che ritroviamo è quasi un Hap in pantofole, come si vedrà nel corso degli eventi addirittura fedele alla sua Brett.
Era bello starcene lì, a casa nostra, comodi e tranquilli. Ogni tanto mi chiedo perché le cose non restino mai così.
Incidentalmente si trova tra i piedi anche una signorina che dice di essere sua figlia, Chance, un nome che dice già tutto, frutto di una relazione lontanissima nel tempo. Tuttavia non sapremo mai se lo è oppure no, chissà forse in un prossimo romanzo, perché il buon Lansdale si tiene sempre a disposizione delle opportunità future. Intanto, nell’incertezza, Hap le si affeziona.
Leonard Pine invece fa continuamente la spola tra casa propria e il divano nel soggiorno di Hap e Brett, dove in un armadietto chiuso a chiave vengono custoditi i suoi amati wafer alla vaniglia e le lattine di Dr Pepper di fronte alle quali è incapace di controllarsi. Motivo di questo andirivieni è la tempestosa relazione con il suo compagno John.
Aveva quasi gettato la spugna ma poi John, dopo aver deciso che dovevano piacergli le donne perché così gli imponeva la sua religione, aveva scoperto che, in fin dei conti, le donne non facevano al caso suo, e che forse Dio gli avrebbe concesso una deroga anche se avesse ripreso a frequentare i maschi.
Mi soffermo su queste righe di contesto perché non voglio raccontare troppo della vicenda in cui Hap & Leo sono invischiati. Si tratta del soccorso a una vecchietta la cui nipote è scomparsa da diverso tempo dopo averle rubato dei soldi. Le ultime tracce della ragazza si perdono in un autosalone dove ha lavorato per qualche tempo. Lì siede una splendida bionda, con un paio di tette uscite fresche fresche dalla sala operatoria, dure come rocce.
In breve, i nostri due eroi scoprono che non si tratta solo di vendere auto di lusso, ma dietro c’è un grosso giro di prostituzione, droga, ricatti: insomma, la fica te la danno insieme alla macchina e la macchina costa più di quanto dovrebbe. Il loro vecchio datore di lavoro, Marvin Hanson, ora nuovo capo della polizia di LaBorde (sempre Texas), chiude un occhio, e anche due, sulle loro indagini. Un paio di informatori lavorano per loro e presto scoprono che dietro a tutto questo, oltre alla solita Dixie Mafia, c’è una banda di motociclisti pervertiti che colleziona le palle che taglia alla gente: con del fil di ferro, non con un coltello. Ve lo immaginate? Strappare i gioielli di famiglia a un uomo, e usando del fil di ferro?
Per la spedizione finale Hap & Leo reclutano vecchi amici come Jim Bob Luke e niente meno che Vanilla Ride, quella di Sotto un cielo cremisi, giunta appositamente dall’Italia con il suo poderoso arsenale.
Certo, in società, quando ti trovi davanti una donna attraente vestita in modo da farti comprendere la forza delle biologia, il massimo che puoi dirle è: “Ma lo sa, signora, che il nero le dona?”
Lansdale gioca, gigioneggia, si diverte con i suoi personaggi e si permette in un paio di occasioni di citare sua figlia Kasey, cantante folk, l’artista preferita di Hap e Leonard. Alla fine le sorprese non mancano e alcuni nodi non vengono sciolti (non può essere altrimenti in un vicenda seriale). Intanto le avventure di Hap & Leo si apprestano a finire sullo schermo in un primo ciclo di sei puntate che andrà in onda nel 2016 sul canale via cavo e satellitare Sundance Tv.
E’ così che funziona l’amore. Finché va bene è una magia continua. Ma quando le cose si mettono male, diventa peggio che se ti pisciassero nella minestra.

Il ciclo di Hap & Leo:
Una stagione selvaggia (Savage Season, 1990) (Einaudi, 2006)
Mucho Mojo
(Mucho Mojo, 1994) (Bompiani, 1996 – Einaudi, 2006)
Il mambo degli orsi
(Two-Bear Mambo, 1995) (Einaudi, 2001)
Bad Chili
(Bad Chili, 1997), (Einaudi, 2003)
Rumble Tumble
(Rumble Tumble, 1998), (Einaudi, 2004)
Capitani oltraggiosi (Captains Outrageous, 2001) (Einaudi, 2005)
Sotto un cielo cremisi
(Vanilla Ride, 2009) (Fanucci, 2009)
Devil Red
(Devil Red, 2011) (Fanucci, 2010)

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