Ho letto “Quello che non uccide” di David Lagercrantz

Mikael Blomkvist non riuscì a dormire granché. Gli avvenimenti della notte lo perseguitavano e alle undici e un quarto del mattino si alzò a sedere nel letto e ci rinunciò.
Quanto ci mancano Stieg Larsson e la sua visione del mondo! L’epopea di Millennium si è arrestata con la sua morte nel 2004 e soltanto dopo la trilogia è diventata un caso letterario mondiale. Far uscire oggi un quarto capitolo della saga è alquanto improprio, ma lo accettiamo proprio perché ci sentivamo orfani di Lisbeth Salander e Mikael Blomkvist. David Lagercrantz era noto finora solo per aver collaborato alla stesura dell’autobiografia del calciatore Zlatan Ibrahimović.
Quello che non uccide fa un salto di qualche anno rispetto alla vicende passate. Lisbeth e Mikael si sono nuovamente persi di vista. Gli assetti della proprietà della rivista Millennium sono mutati e in redazione ci sono stati nuovi arrivi. L’impegno di Erika Berger e di Mikael si è un po’ affievolito, mancano nuovi stimoli e le vendite ristagnano. Ci vorrebbe un bello scoop, come quelli di un tempo, per rilanciare il giornale. Intanto le tecnologie si sono ulteriormente evolute, gli studi sull’intelligenza artificiale hanno fatto giganteschi passi avanti. E cosa succede, Blomkvist, se creiamo una macchina un po’ più intelligente di noi? A questa ipotesi sta lavorando uno scienziato svedese, prima negli Stati Uniti e poi in patria. Si chiama Frans Balder, vive da separato in una splendida casa sul mare. Ha appena chiesto protezione perché si sente minacciato. I suoi studi fanno gola a molti. La sera in cui un individuo penetra nel giardino di casa facendo scattare tutti i dispositivi di sicurezza ospita il suo bambino. Fa in tempo a svuotare la memoria del computer e a chiamare il giornalista Blomkvist per rendere pubblico tutto ciò che sa, anche che i cattivi si annidano nei servizi segreti americani. Ma Blomkvist arriva troppo tardi e si ritrova solo con il bambino. E’ autistico, non sa parlare ma è incredibilmente dotato per i numeri e per il disegno… Inizia qui la girandola di avvenimenti che tiene il lettore con il fiato sospeso, come è consuetudine nella saga di Millennium.
L’idea di dover uccidere un bambino gli risultava più odiosa che mai, ma le cose stavano come stavano e in un certo senso era costretto a riconoscere di essersi messo nei pasticci da solo.
La vicenda tocca molto da vicino la storia personale di Lisbeth Salander, chiamata in soccorso come hacker da Blomkvist, senza sapere che in realtà vi è coinvolta fino in fondo. Tuttavia al centro del romanzo è la figura di August, il bambino affetto dalla sindrome del savant. Lagercrantz inserisce incontri con esperti e studiosi della malattia per cercare di spiegare le capacità straordinarie del piccolo che non parla. E’ chiaro fin dal suo apparire nella storia che giocherà un ruolo fondamentale ed è l’unica cosa che si può dare per scontata in un romanzo dove i colpi di scena sono dietro ogni pagina.
Era evidente che gli bastava un’occhiata a qualcosa perché gli restasse impresso nella mente e dunque perché doveva essere proprio suo padre a scegliere cosa fargli disegnare?
Tutta la vicenda si svolge tra il 1° e il 25 novembre, avendo sullo sfondo una Stoccolma sotto una tormenta continua di neve. Naturalmente ancora una volta c’è un finale positivo (e Millennium avrà il suo scoop memorabile che ne rilancerà le vendite). Tuttavia qualcosa rimane in sospeso e non sia mai che il buon David Lagercrantz non si riservi l’ennesimo seguito. Intanto grazie per averci ridato Lisbeth e Kalle.
Poi però la vide: era Lisbeth… Sembrava inviperita, gli occhi truccati di nero e il corpo teso come per balzare all’attacco.

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