Ho visto “Le Idi di marzo”

I colpi bassi non mancano nella campagna elettorale per le primarie presidenziali dei democratici dell’Ohio, tra il governatore Morris e il senatore Pullman. Così è sempre in America, così è molto spesso anche da noi.
Stephen Meyers (Ryan Gosling) è il giovane astro nascente degli uffici stampa e lavora alle dipendenze di Paul Zara (un formidabile Philip Seymour Hoffman), esperto guru della comunicazione. Insieme dirigono la campagna di Morris (George Clooney). Meyers intraprende una relazione con Molly, stagista ventenne (c’è sempre una stagista attorno a un presidente….), e da questa apprende casualmente di un “momento di debolezza” avuto con lei dal governatore. Quando Zara viene a sapere che il giovane collega ha avuto un abboccamento con Duffy (Paul Giamatti), il comunicatore del campo avverso, se lo cucina ben bene grazie ai giornali e lo licenzia. La lealtà infatti, dice, è la regola numero uno. Meyers usa il segreto che custodisce e ricatta Morris per tornare in pista e prendere il posto di Zara, licenziato a sua volta.
Insomma il film non è un quadro esaltante. Ne escono tutti male. Morris per primo, perché ha un debole per la farfallina e questo l’elettorato americano non lo tollera (quello italiano, sì….). Zara che sotto la patina della lealtà è il più cinico di tutti. L’ingenuo Meyers, beh no….ricattare proprio non si deve, ma neanche tradire l’assistito. La povera Molly che ci lascia le penne nel vero senso della parola. L’unico che pare cavarsela (eticamente) è Duffy. E’ astuto e fa un gioco sporco, ma così vanno le cose in politica, anche se poi non è sufficiente per vincere. Una riflessione a parte merita la giornalista Ida Horowicz (una Marisa Tomei sgradevole quanto basta per entrare nella parte). In genere gli addetti stampa credono di tenere in pugno i giornalisti, in virtù di un malinteso senso dell’amicizia. E quindi di poter manovrare l’uscita delle notizie sui giornali. Ida Horowicz dimostra che non è così e ribalta a suo favore la situazione.
Resta da dire che il film è avvincente anche se la trama racconta cose già viste più volte. Se la pellicola è realmente diretta da lui, Clooney dimostra di essere un buon regista. Anche come candidato presidente è credibile.

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