Ho letto “Il gioiello che era nostro” di Colin Dexter

Ma che razza di uomo era quello che scoprendo la moglie morta sul pavimento, pensa subito a guardarsi in giro per vedere se la sua borsetta è sparita?
E fa nove. La lista delle inchieste dell’ispettore Morse della Thames Valley Police di Oxford pubblicate da Sellerio si allunga. Le precedenti: L’ultima corsa per Woodstock (2010),  Al momento della scomparsa la ragazza indossava (2011), Il mondo silenzioso di Nicholas Quinn (2012), Niente vacanze per l’ispettore Morse (2012), L’ispettore Morse e le morti di Jericho (2013), Il mistero del terzo miglio (2014), Il segreto della camera 3 (2014), La fanciulla è morta (2015). Attendo sempre con trepidazione le uscite di Colin Dexter nella elegante collana Sellerio, ben sapendo che ormai ne restano solo quattro e che la parabola esistenziale di Endeavour Morse si arresterà con The Remorseful Day del 1999. Colin Dexter, classe 1930, ha scritto i suoi libri tra il 1976 e il 1999. In Italia sono stati tutti tradotti e pubblicati nei Gialli Mondadori nel corso degli anni ’90. Sellerio ne ha dato nuova e giusta fama nell’ultimo lustro.
Ma torniamo all’inchiesta in questione. Non mi dilungo sulle caratteristiche di Morse, scapolo, solitario, enigmista, appassionato di musica classica, colto, misogino ma comunque attratto dalle donne intraprendenti, dedito alle bevute in solitario o in compagnia del fido sergente Lewis…
Aveva sempre sostenuto che per pensare doveva bere…
Caratteristica di tutte le inchieste è di svolgersi all’interno, in toto o in parte, nel mondo universitario. In fondo cosa c’è di più accademico della società oxfordiana, dove tutta l’economia cittadina pare ruotare intorno alle università? Colin Dexter nei suoi romanzi ha evidenziato tutte le debolezze dei professori (arroganza, arrivismo, cattiveria, libertinaggio…), come sul fronte satirico ha saputo fare un altro scrittore britannico, David Lodge. In Il gioiello che era nostro si scontrano due mondi: l’oxfordiano appunto e quello pragmatico degli americani della West Coast in vacanza in Europa. Coppie e single di mezza età o più, di buon portafoglio, impegnati nel Tour delle Città Storiche dell’Inghilterra: Oxford, Cambridge, Stratford-upon-Avon, Bath, Winchester, Londra.
Perlopiù nella fascia d’età tra i 65 e i 75; ricchi, praticamente senza eccezione: esempi abbastanza caratteristici della brigata soprannominata “abcdef”: alcol, bridge, cultura, dieta, ecologia e fumo.
Appena sistemati in albergo a Oxford, per un malore muore una di loro e nel contempo sparisce la sua borsetta che conteneva un puntale d’oro e rubini, storico e di inestimabile valore, destinato ad una mostra. Ce n’è già abbastanza per mettere in moto la Thames Valley Police. Ma qualche giorno dopo scompare anche un illustre accademico che avrebbe dovuto tenere una conferenza sulla storia di Oxford a beneficio degli americani. Il cadavere dell’uomo, un dongiovanni impenitente dalla carnalità debordante, poche ore dopo viene ritrovato nudo impigliato nella griglia di una chiusa di un canale.
L’indagine di Morse è complessa. I due avvenimenti possono essere collegati. Gli americani da ascoltare sono ventisette (ventisei, una è morta) e l’ispettore deve ricostruire i loro movimenti in quelle ore. Come se non bastasse ognuno ha delle cose da nascondere, anche innocenti e insignificanti, ma che complicano il quadro generale degli eventi. A ciò si aggiunge l’entourage dell’ucciso: la moglie disabile, i colleghi, le numerose amanti del professore. Per Morse ci sono davvero tante ipotesi da formulare e altrettante cantonate da prendere. Ovviamente meno una.
Una delle caratteristiche più straordinarie del suo intelletto era che ogni volta che c’era un intoppo, ogni volta che una delle sue amate ipotesi subiva un grave colpo, invece di abbattersi era come stimolato a produrne una seconda che subito poteva essere ancor più attraente della prima.
I personaggi che compaiono nella storia sono davvero tanti e questo rende più difficile la comprensione da parte del lettore. Meglio quindi non lasciarsi prendere da ipotesi proprie ma farsi guidare dai ragionamenti improbabili e complicati di Morse e dalle sue pause ben annaffiate da pinte di birra che gli serviranno ad avere l’illuminazione definitiva.
Quanto a sé, Morse provava solo un intenso desiderio di tornarsene nel suo appartamento a North Oxford e di ascoltare ancora una volta il secondo movimento della Sinfonia n. 7 di Bruckner.
Impeccabile come sempre la traduzione di Luisa Nera.

Share this nice post:
Questa voce è stata pubblicata in Libri. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*