Ho letto “Isola con fantasmi” di John Banville

Ho atteso con trepidazione l’uscita di questo nuovo libro di John Banville e l’ho comprato appena uscito. Per scoprire – peraltro dopo averlo letto – che è stato scritto nel 1993. La cosa, non so perché, mi ha spiazzato. Comunque, l’ho letto in tre giorni di vacanza “en solitaire” in Costa Azzurra, a lungo seduto sugli scogli tra gli odori di alghe e salmastro che Banville fa sentire così bene. “C’è qualcosa nelle isole che mi attira, il senso di circoscrizione, credo, di essere protetto dal mondo….e del mondo che è protetto da me” dice di sé l’ignoto narratore di cui sappiamo solo che è un ex galeotto. Nell’isola vive il professor Kreutznaer – studioso delle opere di Vaublin (pittore olandese, inesistente!) – con il servo Licht (più avanti scopriremo che è lui il proprietario della casa) e l’ex galeotto narrante. Poi l’arrivo di sette naufraghi, tra cui tre bambini. Si fermano nella casa una sola giornata. Tra tutti si innesca una ragnatela di rapporti in un’atmosfera misteriosa. Perché sono lì e chi sono gli abitanti della casa? In realtà non succede nulla. Incombe questo quadro di Vaublin, “Le monde d’or”, da cui tutti paiono essere usciti. “Quello che accade non ha importanza; il momento è tutto. Questo è il mondo d’oro”. Poi l’uscita di scena di tutti i personaggi è tratteggiata in poche pagine, a sottolineare la loro poca importanza.
Alcuni passaggi sono memorabili, come l’incontro con la vedova olandese: “Ero sull’isola a dir molto da una settimana che mi trovai una vedova….da queste parti sembra che in un cottage su due si annidi uno scapolo attraente in cerca di una compagna di seconda mano, una che sia già ben avvezza al morso….” Oppure quando l’io narrante rievoca l’uscita dal carcere e l’incontro con Billy, in attesa di imbarcarsi per l’isola, “il suo processo si era tenuto lo stesso giorno del mio, cosa che ci aveva reso d’istinto compagni”.
Da leggere con attenzione, pieno com’è di spunti e rimandi.
P.S. Scopro che Banville è stato al Grinzane nel 1996 per un convegno su “L’Europa delle Culture. La Cultura dell’Europa”. Se così è, mi piace pensare che il suo soggiorno torinese abbia prodotto il fantastico romanzo L’invenzione del passato (Shroud, 2002). E allora: evviva il Premio Grinzane Cavour!
Con che profondità guardiamo in questo abisso? Non c’è fine a ciò che possiamo vedere.

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