Ho letto “Lo Spasimo di Palermo” di Vincenzo Consolo

Lo scrittore Gioacchino Martinez è a Parigi dove vuole incontrare il figlio Mauro, che in Francia vive nascosto per motivi che Consolo non lascia intendere, si presume politici o forse perché incalzato dalla mafia. Lo scrittore è tormentato dai ricordi d’infanzia, trascorsa in Sicilia durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale. Anche un altro ricordo lo insegue. Quello dell’uomo dal mantello nero, Judex, un vendicatore misterioso apparsogli in un film visto all’oratorio. Judex era un serial cinematografico in 12 episodi diretto nel 1916 da Louis Feuillade. Doveva essere stato piuttosto spaventoso se un solo episodio ha traumatizzato un bambino.
Chino visse, nel marasma del paese, nella casa saccheggiata in ogni stanza, nel dammuso e nel catoio, il tempo suo più avventuroso… Sperimentò le micce bianche, a forma di lasagne, che in fila rapide infiammavano, compresse, facevano saltar lontano e scoppiare il bossolo di rame, proietti che a sfregarli sulla punta come zolfanelli in aria esplodevano.
Poi l’incontro con il figlio in albergo, lo scambio di battute taglienti, l’intenzione di andare alla Gaumont per vedere la copia intera restaurata di Judex. Ma chi è e cosa fa il figlio esattamente? Ombre si scostano dal fondo, avanzano. Balenò polizia passaporto interrogatorio accertamenti… Viltà di sempre, fuga dal reale, menzogna e adattamento. Via dalla caverna del rifugio, fuori per la porta d’emergenza sulla strada parallela...
La visione completa di Judex – 315 minuti – delude lo scrittore. Avrebbe dovuto tenersi il ricordo sospeso così com’era perché …la memoria esalta, abbellisce ogni pochezza, ogni squallore, la realtà più vera.
Gioacchino vive a Milano e sta preparando il ritorno definitivo in Sicilia mentre lo assalgono i ricordi della moglie Lucia sua compagna d’infanzia.
Andarono poi alla Villa del Casale, percorsero il cammino dei mosaici. La meraviglia di Lucia per le fiere d’Africa, gli animali rari, le nude fanciulle aggraziate...
Ma di più gli sovviene la fuga del figlio: “Cos’hai fatto, Mauro?” “Nulla. Nulla d’illegale” “E perché scappi? Devi dire, spiegare” “A chi, a questo Stato? Ora per ogni antica adesione, vicinanza, finisci dritto in carcere…”
Treno fino a Napoli e poi nave per Palermo. Gioacchino Martinez riassapora gli odori e i colori della sua isola, ne recepisce i suoni …l’incolore e aggirante messinese, il rotondo e iattante palermitano, l’allusivo e cantilenante catanese, il petroso e aspirato agrigentino, e l’antico lombardo di Piazza, Nicosia o San Fratello.
A Palermo Martinez va ad abitare in via d’Astorga, proprio dirimpetto alla madre di un procuratore aggiunto. E qui il romanzo si fa cronaca e storia. In un giorno di vento e pioggia si rifugia in una farmacia e lì incontra il procuratore, che lo riconosce come il famoso scrittore. “Ho letto i suo libri…difficili, dicono. Di uno mi sono rimaste impresse frasi su Palermo” socchiuse gli occhi, recitò: “Palermo è fetida, infetta. In questo luglio fervido esala odore dolciastro di sangue e gelsomino”. (da “Le pietre di Pantalica“).
Gioacchino prende carta e penna e scrive al figlio, gli racconta dell’incontro con il procuratore, un Judex non mascherato e senza mantello che crede nello Stato.
C’è tanta Sicilia in questa mia estate che mi ha fatto conoscere Vincenzo Consolo, il quale mi rammenta che la Sicilia non è solo Enna, Cefalù o le Madonìe ma anche quella che ha fatto saltare in aria Falcone e Borsellino.
E fu in quell’istante il gran boato, il ferro e il fuoco, lo squarcio d’ogni cosa, la rovina, lo strazio, il ludibrio delle carni, la morte che galoppa trionfante.
E’ lo spasimo di Palermo! Un romanzo strepitoso tra memoria e cronaca. Apprendo che nel 2008, dieci anni dopo la prima uscita nelle librerie, un produttore francese sottopose a Consolo una sceneggiatura per una trasposizione cinematografica del libro, che lo scrittore approvò. Non se ne fece nulla perché non si riuscì a trovare un partner italiano per un’opera che sembra fatta apposta per una lettura cinematografica.

                                                O gran manu di Dio, ca tantu pisi,
                                                   cala, manu di Dio, fatti palisi!

Le pietre di Pantalica
Il sorriso dell’ignoto marinaio
Esercizi di cronaca

 

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