Noterelle siciliane 5 – I Circoli Unione

Ma questa è l’ora classica del Circolo: già da un pezzo l’inserviente ha messo in bell’ordine le sedie sulla banchina, a vari reparti secondo i crocchi che si formeranno, coi giornali nelle stecche a portata di mano; e lui stesso siede da canto con la pipa in bocca e uno sguardo di commiserazione all’umanità sottostante, sottolineato da frequenti schizzi di saliva. (Francesco Lanza, L’ora del circolo pubblicato su Il Tevere, 22 ottobre 1928, poi ripubblicato sotto il titolo Ora classica di paese, Il Resto del Carlino, 22 giugno 1929).
Una delle cose che mi hanno sorpreso maggiormente del mio viaggio in Sicilia è stata la scoperta dell’esistenza dei circoli – addì 2016 – di cui avevo conoscenza solo attraverso la letteratura. E invece erano lì, a livello strada, nelle vie principali di paesi e città, a Cefalù, a Ragusa, a Modica, a Caltagirone, a Santo Stefano di Camastra… Mai dissimulati, anzi sempre ben esibiti. In genere in case e palazzi di un certo decoro che pur dimostrano di avere visto tempi migliori. Da porte e finestre aperte si intravedono tavoli, forse da gioco, e le stecche in cui sono infilati i quotidiani. Ma ciò che sorprende è vedere gente seduta davanti agli ingressi già alle 10 del mattino e per tutta la giornata. Cosa faranno mai?
Lo scrittore siciliano Francesco Lanza (Valguarnera Caropepe 1897-1933) ha lasciato una descrizione mirabolante dell’atmosfera del circolo in questo articolo di giornale che cito.
Intanto, mentre il cielo tramuta facendosi come più rado e deterso e si respira a larghi polmoni, le sedie vengono occupate, s’intrecciano i conversari d’uso, evasivi, protocollari e preistorici, sul tempo e sulle notizie fresche d’un mese, in cui tuttavia molti trovano la giustificazione della propria giornata; si formano i primi crocchi, dapprima occasionali e provvisori e man mano sempre più scelti secondo vaghe e pur vigenti sfumature d’interessi, di merito e di casta (cit.)
Dunque di casta si tratta e in effetti aderiscono al Circolo Unione o Circolo Amicizia o Circolo della Conversazione, i maggiorenti del paese, come in una bella pagina di La Mennulara di Simonetta Agnello Hornby in cui Zu’ Peppino Coniglio… era in ritardo al Circolo della Conversazione e temeva che qualche altro socio avesse già arraffato la copia de “La Sicilia”, negandogli il piacere di leggere il giornale per primo. Banalità, bassezze, debolezze umane sia che si tratti del farmacista, del notaio, del commercialista, del direttore delle imposte o del nobile possidente. Perché sono questi i soci del circolo, almeno lo erano in origine, quando nacquero nel XVIII secolo in Inghilterra erano i Circoli per gentiluomini. Oggi hanno mutato nome ma hanno mantenuto l’impronta maschilista. In effetti mi pare di vederli ancora gli uomini seduti davanti al circolo interrompere la chiacchiera per qualche secondo per ‘lumare’ una signora di passaggio. Ma chi sono questi soci? E’ ancora Francesco Lanza che ci soccorre: Paffuti e fatui come capponi, i galletti di razza, gli adoni feudali, i ricchi ereditieri, fatali, vittimari e navigati, che si trascinano dietro come una filza di fichi secchi i cuori butirrosi delle fanciulle da marito, sembrano portare in fondo alla pupilla sgargiante l’ineffabile peso dei trionfi amorosi; con una gamba sull’altra, suddivisi tra la segretezza e la pubblicità, squartano sull’altare del ricordo e del desiderio le veneri inveterate e immaginarie dei loro peripli; ed ebbri della carneficina, guardano le ragazze che passano o si pigiano ai balconi della piazza, sorridono con una lenta, rotonda soddisfazione di pavoni a sé stessi, quanto più irresistibili e bellicosi altrettanto facili a basire e a invischiarsi, imbambolati, buacci e quattrinosi, dietro la prima gonnella che faccia loro un po’ di vento sotto il naso (cit.).
E’ così. E’ proprio ancora così! E che c’è di male? Lo dice l’art. 18 della Costituzione I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale”. E la maldicenza, lo sguardo lubrico, posto che all’interno del circolo non si pratichi altro, non sono ancora considerati reati. Ma poi, in fondo in fondo, a prevalere è la noia brancatiana del Circolo Unione, come scrive Vincenzo Consolo in L’olivo e l’olivastro.

Share this nice post:
Questa voce è stata pubblicata in Viaggi e contrassegnata con , , , , , . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*