Ho letto “Il giardino delle storie intrecciate” di Claudia Manselli

Un piccolo libro che è una sorpresa. Molto torinese. Di una torinesità che trovo racchiusa in un breve passaggio: In fondo è così. Si apprezzano le cose soltanto quando si perdono. Ogni riferimento a quanto a Torino abbiamo e poi perdiamo è calzante. Però senza fare troppo strepito né creare eccessivo disturbo, proprio come fanno i personaggi di questi racconti, che sembrano vivere in punta di piedi, quasi sospesi. Come quel professore di matematica che per tutta la vita ha interiorizzato e sopito una smania pedofila che vorrebbe lasciare esplodere da pensionato, ai giardini.
Se gli succedesse qualcosa, i vicini direbbero senza sentirsi ridicoli: “Ma chi l’avrebbe immaginato! Una persona così ammodo!“. E che infine, il potenziale orco, sentendosi chiamare ‘nonno’, ricaccia indietro evitando così di combinare irreparabili disastri. Diventerà un ghiottone e ingrasserà molto.
I giardini sono quelli di piazza Lamarmora a Torino, dove le panchine sono dominate da alberi secolari ma soprattutto dalla figura incombente di Alessandro ‘Alfonso’ La Marmora, fondatore del Corpo dei Bersaglieri. Sotto quegli alberi e su quelle panchine si dipanano le undici storie raccontate da Claudia Manselli, storie che in alcuni casi si sfiorano soltanto e a volte, invece, si intrecciano. In una di queste è proprio La Marmora a raccontarsi ...vorrei scendere dal piedistallo, ma ho gli stivali avvitati nel marmo.
Chi invece sul monumento vorrebbe rifugiarsi e guardare il mondo dall’alto è la signora protagonista del racconto Made in Italy. Si muove in città con il 51 e il 46, rifugge gli stranieri ma ormai si sente sopraffatta ...l’Africa mi fiata addosso e vorrei scappare, ma ormai il contagio è avvenuto.
Giuseppe è invece il barbone che trascorre le notti e i giorni su una panchina dei giardini. Nel quartiere lo considerano un po’ matto, dai vigili è quasi tollerato. Lui aspetta sempre il miracolo della cometa e l’arrivo di una donna di nome Maria.
Più che ai genitori adottivi, un bambino si sente vicino a La Marmora. Nelle sue fantasie si vede soldato e il generale è il suo capo ...da quando ho lui come amico, non la faccio più a letto e tutti in casa lo dicono che sto crescendo.
Gilda sente che morirà il 24 maggio, un 24 maggio. E’ la data in cui sono saltate le sue nozze tanti anni prima. Per la vergogna si era trasferita dal Polesine a Torino, dove ha fatto la domestica in case signorili per tutta la vita. Lei è un tutt’uno con la città. Alle sette del mattino ...Gilda riesce a sentire il respiro di Torino, delle strade acciottolate, degli alberi, dei palazzi barocchi, di quello che una volta era l’Enel, stessa epoca del giardino, con colonne bianche e grandi statue allegoriche sul tetto.
C’è la signora di una certa età che si sente ancora il fuoco dentro, viceversa il marito. ...sono vecchia ma a un bel finale ho diritto. E allora passa di tram in pullman: il 4, il 3, il 18, il 46, il 51 secondo una sua personalissima mappa alla ricerca di ragazzi contro cui strusciarsi. …Io, Milena Cagna, sono una vecchia che dà fastidio ai ragazzi. Versione femminile dei tanti ‘manomorta’ che bazzicano sui mezzi pubblici. …fulminee carezze, la mollezza della mia passione, nata sul tram surriscaldato di questa nuova città tropicale. E talvolta le figuracce non possono mancare.
C’è il vedovo che si è accorto appena della scomparsa della moglie. C’è il portinaio con la moglie procace che arrotonda i guadagni facendo felice tutto il caseggiato, di parte maschile ovviamente.
Schegge. Storie minimali orecchiate da gente comune e poi arricchite dalla fantasia. Ogni tanto spunta una foto di Torino, in fondo la vera protagonista, oltre al filo conduttore del generale La Marmora. …Stamattina c’è il sole. Al fondo di via Garibaldi le montagne hanno la punta di neve. Ma in definitiva nella grande città sopravvivono tante solitudini.

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