Ho visto “Io, Daniel Blake” di Ken Loach

Non è un semplice film. Io, Daniel Blake è un feroce ancorché ben motivato attacco allo stato sociale britannico. Anzi, chiamiamolo pure welfare, così come piace anche da noi. Quello che dovrebbe essere un insieme di assistenza, di stato di diritto, di principi di uguaglianza diventa un coacervo di ottusa burocrazia e di mancanza di buonsenso. Condito oltretutto dal digital divide che diventa respingente per la popolazione anziana. “Noi siamo digitali di default” dice l’addetto allo sportello. “Io sono matita di default” risponde orgogliosamente Daniel Blake. Se quello descritto da Ken Loach (e non abbiamo motivo di non crederci) è lo stato sociale inglese, in Italia ci possiamo proprio consolare.
Siamo a Newcastle. Daniel Blake è un sessantino di professione carpentiere che in seguito a un piccolo infarto deve ricorrere all’assistenza dello Stato. I medici gli certificano l’inabilità al lavoro ma l’ente che deve erogare il sussidio non gli riconosce l’invalidità. Deve fare ricorso. Intanto gli suggeriscono di chiedere il sussidio di disoccupazione, ma per averlo deve impegnarsi a fare dei corsi e a cercare un lavoro che non potrà mai fare essendo inabile. Gli sportelli si palleggiano il povero Daniel che rischia di affogare tra pratiche cartacee e modelli da compilare online. Frattanto ha conosciuto Katie, una giovane madre single con due bambini.  Anche lei disoccupata, si è trasferita da Londra e abita in un piccolo appartamento un po’ precario. Dan l’aiuta, prima facendole delle riparazioni casa, poi elargendo piccole somme per comprare cibo ai bambini. La solidarietà è un modo per combattere le rispettive povertà. “Tu hai aiutato noi: perché io non posso aiutare te?” dice a Dan la piccola Daisy. E poi la dignità, valore inattaccabile: “Io sono Daniel Blake, un cittadino…niente di più…niente di meno…”
Ken Loach descrive la netta spaccatura tra la gente comune con i suoi bisogni e gli apparati preposti ai controlli e all’erogazione dei sussidi. Chi più chi meno, da una parte e dall’altra della barricata, tutti vittime dei tagli ai fondi relativi alla spesa sociale. Così va il mondo oggi, questa è la mia terra, sembra dirci l’ottantenne regista britannico che con questo film, acclamato dalla critica, ha vinto la Palma d’Oro al Festival di Cannes 2016.
Io, Daniel Blake è un’opera su cui riflettere, soprattutto in tempi in cui si affacciano prepotenti le nuove povertà.

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