Ho letto “Dall’altro capo del filo” di Andrea Camilleri

Più leggera e scorrevole delle ultime storie è questa nuova indagine del commissario Montalbano in cui la cronaca ormai si mescola alla fervida fantasia di Camilleri. Così anche nell’inventata Vigàta si susseguono gli sbarchi dei migranti come in tutta la Sicilia. Polizia ed esercito non si risparmiano nell’assistere donne, uomini, bambini che in qualche modo raggiungono le coste italiane, mentre si stagliano valorose figure, non solo di medici, nel dare accoglienza e sostegno a quei povirazzi.
“Sapi, dottori, è inutile in questi giorni annari a piscari. Si pigliano cchiù morti che pisci”.
Negli stessi giorni degli sbarchi accade però una tragedia in una rinomata sartoria del paese, proprio quella in cui Montalbano, malvolentieri, si sta facendo cucire un abito per un matrimonio a cui deve partecipare insieme all’insistente fidanzata Livia. Elena, la bella titolare della sartoria al cui fascino ovviamente il commissario non è insensibile, viene trovata uccisa a colpi di forbici. Le due vicende ora si alternano, ma c’è anche una breve indagine circa una bambina migrante che è stata abusata da due disgraziati durante la traversata. Si ha la sensazione che l’omicidio della sarta sia soltanto un pretesto per Camilleri per parlare di questi fatti e del mare, non più amichevole compagno di belle nuotate e di ‘passiatine molo molo’, ma testimone delle tragedie personali e collettive delle migliaia di migranti.
Mentre i volontari si danno da fare con i nuovi arrivati, il solito ‘circolo ‘questri’ con in testa l’immancabile medico legale Pasquano affronta il giallo. Elena, l’uccisa, era  vedova e nascondeva nel suo passato vicende misteriose che risalivano all’epoca della sua vita in Friuli. Per risolvere l’enigma a Montalbano toccherà fare un viaggio fino a Udine.
Mi pare che molto più che in altri romanzi di Camilleri qui Salvo Montalbano sia sensibile alle questioni della tavola. Non ho preso nota ma tra le pietanze preparate dalla devota Adelina – Si bloccò, allungò un vrazzo a lento, affirrò il coperchio e lo isò tanticchia, il sciauro si fici cchiù forti. Era sciauro augurioso di baccalà – e le infinite mangiate, in quantità e qualità, dall’amico trattore Enzo – …si stava a mangiare ‘na sontuosa ‘nsalata di mari… po’ gli capitò di mangiarisi un secunno che era ‘na speci di muzziata di tutti i residuati di pisci che era stati rifriuti ‘n padeddra… – c’è praticamente tutta la tavolozza della cucina sicula di terra e di mare. Né manca la meditazione postprandiale sullo scoglio chiatto sutta al faro per tentare un dialogo impossibile con il consueto grancio.
Ho già scritto in altre occasioni che leggere le inchieste di Montalbano ci fa sentire a casa. Ritroviamo sempre gli stessi personaggi, di cui abbiamo memorizzato il volto dopo le ripetute visioni della serie televisiva (cambiassero gli attori non sarebbe più la stessa cosa…). E ora Camilleri si permette di scherzare anche con quell’altro commissario, anzi vicequestore, che malvolentieri svolge il suo compito nella fredda Valle d’Aosta. Sono carinerie tra scrittori!

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