Ho visto “Les Derniers Parisiens” di Hamè Bourokba e Ekoué Labitey – TFF Torino 34

E’ stato l’ultimo film della mia personale selezione al TFF 34. Non posso dire di aver chiuso in bellezza, ma questo dramma ci poteva stare. Nella Parigi dei magrebini, non nelle banlieue ma nella centrale Pigalle, due fratelli si contendono il bar Le Prestige. Il trentenne Nasser è appena uscito dal carcere e lavora nel bar del fratello maggiore Arezki, tenuto d’occhio da Margot, sua garante della libertà vigilata, ma anche amante di Arezki. I due fratelli hanno un rapporto conflittuale. Nasser, che dovrebbe rigare diritto per sei mesi onde uscire definitivamente dalla libertà condizionata, vorrebbe dare una spinta al bar trasformandolo in un locale notturno, in linea con la fama del quartiere.
Arezki invece ha voluto dare al Prestige un’impronta più tradizionale e tranquilla. Nasser riesce a strappare al fratello la possibilità di una serata di prova che riscuote un certo successo ma porta con sé giri di scommesse, droga, prostituzione, tutte faccende dalle quali dovrebbe restare lontano. Nelle dispute tra i fratelli apprendiamo anche che probabilmente i soldi per mettere in piedi il locale arrivano dai traffici illeciti di Nasser prima di andare in prigione.
Dopo una drammatica lite nella quale Nasser resta ferito, Arezki decide di mollare. Da tempo infatti coltiva il sogno di ritirarsi al sole del sud della Francia. Cede così il locale al fratello che però ha un socio che in breve tempo lo bidona. Il locale passa ad altre persone e Nasser resta con un pugno di mosche in mano. Dovrà ricominciare tutto da capo. La disfatta economica segna tuttavia il riavvicinamento tra i due fratelli.
Nel film piace l’intransigenza protettiva di Arezki (Slimane Dazi) nei confronti del fratello (Reda Kateb). La regia è di due membri di un collettivo rap francese, La Rumeur, attivo da vent’anni  e portavoce delle istanze dei figli dell’immigrazione. Les derniers parisiens segna il loro debutto nel lungometraggio, dopo qualche anno trascorso a studiare cinema a New York e a confezionare cortometraggi. L’opera mi sembra riuscita.

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