Ho letto “Quando penso che Beethoven è morto mentre tanti cretini ancora vivono….” di Eric-Emmanuel Schmitt

Beethoven mi fa credere nell’uomo e nella sua capacità di dominare la materia.
Eric-Emmanuel Schmitt, scrittore e drammaturgo lyonese le cui opere sono molto rappresentate in Italia, ha trovato un filone pressoché inesauribile, a metà strada tra l’autobiografia e la divulgazione musicale dei classici. Dopo “La mia vita con Mozart” e questo titolo su Beethoven, si prepara infatti a sfornarne altri due, sempre corredati da cd con ottime registrazioni.
Questo elegante volumetto edito da e/o nella collana ‘Dal mondo’ è suddiviso in due parti. La prima è un saggio di Schmitt sul suo rapporto con Beethoven, amato da giovane, poi accantonato e infine riscoperto in età matura. Interessante è il paragone con Mozart.
Mozart ode. Beethoven fabbrica.(…) Beethoven cerca, Mozart ha trovato.
Considerazioni che, accompagnate dall’ascolto dell’Ouverture del ‘Coriolano’ o del finale del secondo atto del ‘Fidelio’, divengono ancora più significative ed esplicite.
Beethoven non guarda in alto, guarda l’uomo e lo trova alto. Nessun ‘Gloria’ o ‘Magnificat’ o ‘Laudate’ per lui. A differenza di Mozart non ringrazia il Creatore né lo implora.
Il rapporto di Schmitt con il Grande Sordo è raccontato attraverso vari aneddoti, in genere legati a concerti a cui ha assistito o a mostre visitate. Penso che un esercizio di questo genere, una ricostruzione di ascolti passati e una bella riflessione sul proprio rapporto con un autore sia utile per chiunque ami la musica.
Alla fine del breve saggio Schmitt conclude “forse Beethoven non è morto. E dubito che i cretini vivano…”
La seconda parte è un racconto su Kiki, un’anziana ospite di un’elegante casa di riposo parigina, sarcastica osservatrice delle debolezze delle coetanee: “Ha la pelle talmente tirata che sorride in continuazione, anche quando si dà una martellata sul dito”. La sua vita cambia quando acquista da un antiquario una maschera di Ludwig van. Da allora si appropria della sua musica e riesce a trasmetterne la passione sia alle amiche sia ai giovanotti del quartiere dediti all’hip-hop.
Tra la seduzione dell’abisso e il godimento del respiro, Beethoven ha scelto: preferisce il fervore.
Quanto al titolo di questo libro, beh….potrebbe essere utilizzato in molti campi!

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