Ho visto “Il cittadino illustre” di Gastón Duprat, Mariano Cohn

“Questa onorificenza rivela che la mia opera coincide con i gusti  e anche con le necessità dei giurati, degli specialisti, degli accademici e dei reali. Evidentemente io sono l’artista più comodo per loro. E questa comodità non ha niente a che vedere con l’aspetto artistico”.
E’ tranchant Daniel Mantovani, premio Nobel per la letteratura, nel suo discorso davanti all’Accademia Svedese. E poi prosegue: “l’artista deve domandare, deve scuotere. Per questo provo disagio per la mia canonizzazione finale come artista”. Gli astanti hanno alcuni secondi di smarrimento, poi iniziano ad applaudire il letterato.
E’ l’incipit di un bel film che so che vi perderete, a meno che il famoso ‘passaparola’ del pubblico riesca a farlo uscire dalla ghettizzazione nell’unica (peraltro meritevole) sala – il Classico – a Torino in cui viene proiettato. Inoltre è di un’attualità incredibile, vista la recente vicenda del Premio Nobel a Bob Dylan.
A Barcellona, dopo qualche anno, Mantovani, che come tutti gli artisti acclamati vive in una sorta di torre d’avorio, è intento a declinare le centinaia di inviti a convegni e per interviste che riceve, tranne uno che lo stuzzica particolarmente. E’ la possibilità di tornare a Salas, piccolo paese argentino, dove è nato e da cui è fuggito quarant’anni prima per diventare scrittore. Tutta la sua opera letteraria è incentrata sui ricordi della sua vita in Argentina.
A Salas Daniel Mantovani, spinto da una comprensibile vanità, ritorna con tutta la ridicola prosopopea di scrittore e la sua caratteriale malmostosità. Ma si adatta presto all’accoglienza trionfale, in un certo senso affettuosa, che i suoi ex concittadini gli riservano. Viene trattato da cittadino illustre: il giro sul camion dei pompieri, il bacio della reginetta di bellezza, il concorso di pittura, alcune lezioni tenute di fronte a persone che mai si sono sognate di leggere le sue opere (tranne poche eccezioni), il filmato costruito con le foto dell’infanzia, l’intervista ad una imbarazzante rete radiofonica, l’inaugurazione del busto a lui dedicato. Ritrova il compagno di giochi infantili che ha sposato una sua fiamma giovanile e partecipa a una grigliata a casa sua.
Ma ben presto si accorge di essere usato, tutti hanno qualcosa da chiedere e sono pochi i compaesani che gli mostrano un affetto disinteressato. Qualcuno gli chiede anche conto di alcuni contenuti dei suoi romanzi assimilabili a fatti e persone reali di tanti anni prima. E da farsa, la permanenza di Daniel Mantovani a Salas rischia di diventare una tragedia. Fortunatamente di fronte a questa esperienza argentina riuscirà poi a scrivere un nuovo dissacrante best seller (tagliandosi ogni possibilità futura di ritorno, pensiamo…).
La coppia di registi Gastón Duprat e Mariano Cohn punta molto sullo humour di situazioni grottesche. Il cittadino illustre è una commedia amara che fa scendere dal piedistallo gli scrittori acclamati e fa riflettere sui premi letterari, sul rapporto letterario tra finzione e realtà e sull’effettiva funzione della cultura. In questo senso c’è una ‘tirata’ di Mantovani davanti al suo sprovveduto pubblico in cui sistema tutti coloro che si riempiono quotidianamente, inutilmente e volgarmente la bocca con la parola ‘cultura’.
Oscar Martinez, il cittadino illustre, ha ricevuto la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile alla Mostra del Cinema di Venezia 2016. Lo avevamo già visto nel 2014 nel divertente Storie pazzesche di Damián Szifrón. Dady Brieva è il caricaturale amico Antonio, Andrea Frigerio è la moglie Irene.

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