Ho visto “Arrival” di Denis Villeneuve

Non sono un fanatico dei film di fantascienza, sempre con poche eccezioni, ma ho trovato intrigante questo Arrival di Denis Villeneuve, guarda caso un altro regista canadese. Non ci sono alieni violenti, se mai i violenti sono a casa nostra, né avventure di astronavi che solcano le galassie. Tutto si svolge sul nostro beneamato globo terrestre, dove in dodici punti differenti- dagli Stati Uniti alla Cina, dalla Russia al Pakistan al Sudan – si posano altrettante navicelle aliene, una sorta di grossi baccelloni. Tutto il mondo è in fibrillazione perché non si conoscono le loro intenzioni e ogni nazione reagisce a modo suo: chi è pronto a sparare cannonate, chi invece cerca di stabilire un contatto pacifico.
Tra questi è l’esercito degli Stati Uniti che recluta una giovane linguista, Louise Banks (Amy Adams), e un fisico matematico, Ian Donnelly (Jeremy Renner). Insieme dovranno stabilire un dialogo con gli alieni dopo averne capito il linguaggio. Questi sono come dei grossi piovroni con sette tentacoli (eptapodi) che sparano inchiostro su lastre trasparenti formando degli ideogrammi a forma di corone circolari, una diversa dall’altra e ciascuna con un suo significato. I due, linguista e scienziato, più volte vengono introdotti nell’astronave, fino a quando riescono a trovare un alfabeto comune mediante il quale scambiare informazioni. E pare proprio che questi alieni vogliano insegnarci qualcosa, come ad esempio che il mondo parli con una voce unica e si comporti di conseguenza. Accade che un comportamento univoco arrivi in extremis, proprio mentre gli alieni stanno per andarsene indispettiti, grazie a Louise che riesce a convincere i cinesi a non dichiarare guerra (di conseguenza si sarebbero accodate tutte le nazioni interessate).
Due i messaggi contenuti nel film: 1 – cercare sempre il dialogo con il diverso, 2 – dagli altri c’è sempre qualcosa da imparare. Mi permetto di aggiungere, visti anche i miei lontani studi universitari, che c’è implicito un elogio alla linguistica applicata.
L’eroina è Louise, il matematico contribuisce alla soluzione ma resta in secondo piano. La ragazza ha la sensibilità adatta per il dialogo, poiché arriva da una dolorosissima vicenda familiare. Non ha quindi nulla da perdere nel confronto con l’alieno, il quale sembra proprio capire e apprezzare questa dote della ‘umana’ incaricata del contatto.
Fotografia (Bradford Young) e musiche (Jóhann Jóhannsson) sono superlative.
Qualche premio Oscar 2017 ci potrebbe scappare.
Denis Villeneuve sta ora completando il sequel di Blade Runner con Ryan Gosling e Harrison Ford. Uscirà a fine 2017 con il titolo Blade Runner 2049. Lo aspettiamo.

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