Ho letto “La bambina di neve” di Eowyn Ivey

Il sole era scivolato dietro una montagna, e la luce si era affievolita. I rami erano spogli, l’erba di un grigio giallastro. Nemmeno un fiocco di neve. Era come se ogni cosa bella e lucente fosse stata polverizzata e spazzata via dal mondo.
Jack e Mabel, ormai cinquantenni e senza figli, approdano in una landa selvaggia dell’Alaska. E’ il 1920 e i coloni vengono incoraggiati ad occupare e dissodare terre potenzialmente redditizie ma inospitali per la durata e l’asprezza dell’inverno. La coppia affronta il duro lavoro vivendo in una capanna distante molte miglia dal villaggio di Alpine e dai vicini più prossimi. In una notte d’inverno, con la prima neve caduta, formano un pupazzo a cui danno la forma di una bambina. Il mattino seguente la neve è sciolta ma tra gli alberi compare e scompare una bambina bionda. Entrambi credono essere vittime di un’allucinazione. Dopo qualche giorno Jack riesce ad avvicinarla.
Cosa si era aspettato di trovare? Un orco da fiaba che teneva prigioniere le bambine in una grotta in montagna? Una strega che ridacchiava? Oppure niente del tutto, nessuna bambina, nessuna impronta, nessuna porta, solo la follia nuda e cruda della neve incontaminata? Questo era forse ciò che aveva temuto di più: scoprire che non aveva seguito altro che un’illusione.
Ma la bambina è vera. Si chiama Pruina. Solo che è un po’ particolare, patisce il caldo, preferisce vivere nei boschi, sparire a primavera e tornare con la prima neve. Così è per diversi anni, tra l’illusione dei due bravi vecchietti, convinti di aver trovato la bambina che non hanno mai avuto. Pruina cresce, diventa ragazza, torna ad ogni inverno. Si innamora e si sposa con un bravo ragazzo, partorisce un figlio. E qui la storia finisce.
Possiamo decidere i finali che vogliamo, la gioia di vivere che vince sul dolore? Oppure il mondo crudele ci dà e toglie, ci dà e toglie, mentre noi ci dibattiamo nella natura selvaggia?
Perché Eowyn Ivey, deliziosa signora dal nome impronunciabile che vive in Alaska, per questa fiaba-romanzo ha pescato a piene mani nella tradizione di tanti paesi nordici, ognuno dei quali annovera nel proprio folklore la storia di una bambina di neve che va e viene con l’inverno ma, in tutte le varianti, finisce sempre per sciogliersi. Anche Mabel è a conoscenza del triste finale. Sfoglia in continuazione un libro russo con la fiaba di Sneguročka, elemento popolare del folklore russo che fu musicato in balletto da Nikolai Rimsky-Korsakov e sul quale avevano lavorato anche il drammaturgo Ostrovskij e Pëtr Il’ič Čajkovskij.
Se si riesce a superare la diffidenza verso un romanzo in cui prevale la componente fiabesca – ma poi perché non lasciarsi andare ogni tanto a una lettura di questo genere – si possono apprezzare le bellissime descrizioni della natura selvaggia e degli animali, dall’orso bruno alla volpe argentata, dal gulo gulo alle pernici bianche.
“Oh, Jack. Perché deve essere sempre colpa di qualcuno?”
“Perché lo è sempre.”

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