Ho visto “Moonlight” di Barry Jenkins

Ho visto Moonlight qualche giorno prima della notte degli Oscar e ho capito che avrebbe vinto come miglior film, non come miglior regìa perché c’erano candidati migliori. La storia va proprio nella direzione preferita dall’America dei professionals dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, in questo periodo orientati verso un dichiarato antitrumpismo. E cosa c’è di più contrario alle politiche di Trump di un film che narra di neri, gay, emarginazione, droga?
La parabola di Chiron è raccontata in tre momenti, tre capitoli in cui è suddiviso il film. A dieci anni è un bambino soprannominato Little, abbandonato a se stesso, molto sensibile, senza padre e con la madre che si droga e prostituisce. A scuola subisce il bullismo, anche violento, dei compagni. Al di fuori delle aule bighellona in solitudine per il suo quartiere di Miami, uno dei più poveri, e trova sostegno a casa di uno spacciatore, Juan. L’uomo assume nei confronti di Chiron un atteggiamento paterno, proprio quello che al bambino è sempre mancato. Juan lo nutre, lo veste, gli insegna persino a nuotare e ad amare l’acqua mentre Teresa, la sua donna, con lui è affettuosa, tenera e comprensiva più di una madre.
Salto temporale di qualche anno. Chiron è adolescente e ha gli stessi problemi di prima. Amplificati però da una omosessualità che si percepisce appena ma che è sufficiente per farne ancora il bersaglio dei compagni di scuola. Nel frattempo Juan è morto, non sappiamo come ma si presume in qualche incidente legato allo spaccio, e il ragazzo si è legato ancor più a Teresa. Una notte ha scambiato qualche tenerezza con l’amico d’infanzia Kevin scoprendo per la prima volta la propria sessualità. A scuola è tormentato dai soliti bulli e finisce massacrato in una rissa, senza reagire. Il giorno seguente Chiron sfoga tutta la rabbia repressa sfasciando una sedia sulla testa del capo dei bulli. Viene arrestato, finisce in riformatorio e con questo per lui svanisce la possibilità di un riscatto sociale attraverso lo studio.
Secondo salto temporale. Chiron ora è soprannominato Black. Vive ad Atlanta e sbarca il lunario come spacciatore. E’ diventato una montagna di muscoli, gira armato e assomiglia in maniera impressionante a Juan, evidentemente l’unico esempio positivo nella sua vita, da cui ha copiato e assorbito tutto, modi, atteggiamenti, financo sembianze. La mamma vive in un centro di recupero per tossici. L’amico Kevin si fa vivo dopo anni per ricordargli il passato.
Nella ridicola cerimonia dello scambio dei premi, ai tre produttori Adele Romanski, Dede Gardner e Jeremy Kleiner è andata la statuetta per il miglior film. All’incisivo Mahershala Ali (Juan) il premio per il miglior attore non protagonista. L’Oscar per la miglior sceneggiatura non originale è andato al regista Barry Jenkins, insieme a Tarell Alvin McCraney,  autore del dramma teatrale da cui Moonlight è tratto.

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