Ho visto “In viaggio con Jacqueline” di Mohamed Hamidi

Quanto c’è bisogno di sorridere in questo disastrato mondo! Ben vengano film come questo, che si permette il lusso – oggi più raro e pericoloso che mai – di prendere in giro le usanze, i costumi, la mentalità di un popolo arabo. Nella fattispecie l’Algeria. Niente di particolare, sia ben chiaro, siamo ad un livello neppure lontanamente offensivo. Ma di questi tempi non si sa mai. Poteva dirigerlo però soltanto un regista franco-algerino come Mohamed Hamidi, in grado di sapere quando e come calcare la mano sullo humour.
Il contadino Fatah vive con la moglie e le figliolette in un villaggio sperduto dell’Algeria. Quasi più della moglie Naïma, ama però la mucca Jacqueline e per questo viene sbeffeggiato dai compaesani.
Jacqueline è un bell’esemplare di razza alpina, la Tarentaise, che Fatah da tempo cerca di iscrivere al concorso del Salone dell’Agricoltura di Parigi. Dopo molti tentativi andati a vuoto, più per sfinimento che per reale convinzione, la sua domanda viene accolta. Ma il viaggio sarà a carico di Fatah e lì nasce il problema. Messo da parte l’atteggiamento sprezzante, lo aiutano i compaesani e il viaggio ha inizio. Prima in nave fino a Marsiglia e poi a piedi, naturalmente alla velocità, si fa per dire, consentita dalla lattifera.
Fatah e Jacqueline costituiscono una coppia perfetta. Le loro avventure in giro per la Francia sono memorabili. Le preferenze vanno ovviamente alle zone rurali, dove Jacqueline può trovare riparo e assistenza. Nel loro girovagare on the road incontrano rustici e nobili decaduti (ottima la figura di Philippe, il conte spiantato interpretato da Lambert Wilson). In genere si tratta di gente buona e disposta ad aiutare. E per alcune disavventure capitate, i due viaggiatori (Jacqueline rischia quasi il mattatoio…) riescono ad arrivare in tv e sul web, con effetto virale. La loro popolarità valica il Mediterraneo e arriva al paese dove sono seguiti praticamente in diretta. Le ultime tappe di avvicinamento a Parigi diventano una sorta di marcia trionfale.
Fatsah Bouyahmed interpreta perfettamente il contadino un po’ naïf che per la sua caparbietà ricorda Forrest Gump. Di Lambert Wilson ho già detto (Barbecue, Molière in bicicletta). Sorprendente è però l’attore brillante franco-marocchino Jamel Debbouze, una simpatica  “faccia da schiaffi” difficile da dimenticare. Citazione d’obbligo per La vacca e il prigioniero (1959) di Henri Verneuil in cui Fernandel interpretava il ruolo di un francese  che fuggiva da un campo di prigionia nazista portandosi dietro una mucca.
Per Jacqueline, più espressiva di tante consorelle a due gambe, possiamo solo sperare che continui a dare latte e non carne.
“E’ tutta colpa della pera!” è la frase-tormentone del film che potrebbe diventare di uso comune.

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