Ho visto “La chiave di Sara”

Sono lieto di averlo visto proprio in questa settimana che conduce al ‘Giorno della memoria’. Spero che lo facciano in molti, soprattutto i giovani. E’ un modo intelligente – vedere il film o leggere il libro da cui è tratto – per riflettere, non dimenticare e per contrastare tutti gli stupidi revisionismi.
La storia di Sara, una bambina ebrea di Parigi, fuggita da un campo di transito in cui è reclusa prima di essere avviata con altre migliaia di ebrei francesi verso Auschwitz, è ricostruita da una giornalista americana che sta scrivendo un articolo sul Vélodrome d’Hiver. Nel luglio del 1942 vi erano stati rinchiusi 13.000 ebrei rastrellati per tutta Parigi dalla polizia (non dai tedeschi). La giornalista Julia Jarmond segue con caparbietà le poche tracce rimaste della bambina, unica superstite della sua famiglia.
Il film mi ha avvinto, anche se eccede nei rimandi tra un’epoca e l’altra e forse è un po’ stucchevole nel finale che riguarda il privato della giornalista. Ma sarebbe come cercare il pelo nell’uovo di un film che mi ha emozionato fin dai titoli di testa, con le note della ‘Java Bleue’ nella versione originale (1938) di Fréhel, cantante parigina il cui pseudonimo traeva origine dall’omonimo Capo in Côtes-d’Armor. E qui si incrociano due mie passioni: l’accordéon e la Bretagna. Per tacere della terza, la mia attrice preferita: Kristin Scott-Thomas, che mi permetto di non giudicare in questo film, limitandomi ad ammirarla.
Per tornare al film, ho visto che incassa poco e alla proiezione a cui ho assistito c’era poca gente. Mi sento invece di caldeggiarne la visione.

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