Ho visto “Virgin Mountain” di Dagur Kári

Un’altra chicca marca Movies Inspired. Plaudo a chi ha il coraggio di comprare i diritti di un film islandese, doppiarlo e distribuirlo sul mercato italiano. Un lavoro che ho cercato di fare 35 anni fa – importare film di qualità – ma che si è arenato quasi subito (uno dei miei diversi insuccessi…). Per questo motivo sostengo con forza operazioni culturali come questa.
Fúsi è un colosso di 43 anni che vive ancora con la mamma. E’ timido e introverso e per questo è preso di mira dai colleghi di lavoro, una squadra di personale a terra in aeroporto. Carica e scarica i bagagli degli aerei senza essere mai andato da alcuna parte. Vive da solitario il suo tempo libero, ascoltando musica, mangiando sempre gli stessi cibi e coltivando un’adolescenziale interesse per i giocattoli telecomandati.
Ma la sua vera passione è la storica battaglia di El Alamein che riproduce su un plastico gigante in sala da pranzo. Solo una bambina del condominio si affeziona a lui. E’ lasciata spesso sola dal padre e vede in Fúsi un bambinone gigantesco con cui giocare.
Ad un suo compleanno il compagno della madre gli regala un corso di ballo country per indurlo a crearsi delle compagnie. Fúsi è restìo ad andarci ma lì incontra una donna, Sjöfn, in apparenza estroversa ma in realtà depressa e perturbata. Per Fúsi è una scintilla e fa veramente di tutto per aiutarla non appena lei gli ha mostrato una tenue simpatia. Ma se la donna è mobile di natura, Sjöfn è ancor più ondivaga nel suo sentimento. Per lei Fúsi infrange la sua quarantennale routine e arriva persino a tagliare le catene che lo tengono legato alla madre. E’ come se fosse nato nuovamente e per farlo è passato attraverso il dolore del disincanto. Ha un cuore d’oro nascosto sotto una montagna di ciccia: è lui la montagna vergine a cui fa riferimento il titolo del film (solo in Islanda è rimasto il titolo originale, Fúsi).
Gunnar Jónsson dà al personaggio una fisicità straordinaria, mentre ancora più interessante è l’interpretazione che Ilmur Kristjánsdóttir fa della timorosa e indecisa Sjöfn. Due attori che non saranno dimenticati facilmente da chi ha visto il film.
Dagur Kári Pétursson firma un’opera delicata e intimista su un tema estremamente serio – la solitudine – che viene come amplificato dal clima freddo dell’Islanda. Evitando in modo intelligente il finale da favoletta
Ciliegina sulla torta è il brano musicale Islands in the Stream cantato da Dolly Parton (e Kenny Rogers). Si riconosce subito il sound dei Bee Gees perché per loro l’avevano scritta Barry, Robin & Maurice Gibb. Il titolo richiama il romanzo di Hemingway Isole nella corrente. E’ la canzone preferita da Sjöfn e Fúsi gliela fa dedicare da una radio. Momento di grande tenerezza.

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