Ho letto “La rete di protezione” di Andrea Camilleri

…la virità, certe vote, è meglio tinirla allo scuro, allo scuro cchiù fitto, senza manco la luci di un fiammifiro.
Camilleri comunica in appendice al lettore che questo è il primo libro che ha non scritto ma dettato a una sua collaboratrice. La sensazione che fosse diverso dal solito Camilleri l’ho avuta fin dalle prime pagine: mi sembrava che qualcun altro ci avesse messo le mani perché il linguaggio usato era tanticchia diverso dal solito, con l’introduzione di espressioni che lo scrittore non aveva mai usato in precedenza (lo dico da assiduo frequentatore delle vicende di Montalbano di cui ho letto tutto). E’ chiaro che la sensazione resta tale, anche se un paio di incongruenze le ho poi riscontrate nel testo. Con ciò, pur in assenza di ammazzatine, La rete di protezione è uno dei libri più belli di Camilleri. Vuoi perché ci riconsegna un Salvo Montalbano sempre più umano: mi pare che per la prima volta si esprima su un pensionamento non lontano e poi è preda del digital divide, tanto è vero che deve ricorrere anche per cose banali all’aiuto di Catarella. Il quale Catarella in questo romanzo è sempre più incombente con i suoi strafalcioni sui cognomi delle persone e con le sue catastrofiche tuppiatine alla porta del commissario.
Montalbano è sempre più schiavo del suo leggendario pititto, mentre sul fronte femminile pare aver deposto le armi. Sarà che con la vecchiaia ha sempre più bisogno della presenza di Livia, quindi evita le solite sciarriatine, mentre è diventato un autentico censore dei tradimenti di Mimì Augello. Inoltre si rifiuta di incontrare una vecchia fiamma di trent’anni prima perché sa che è diventata nonna nel frattempo e di lei vuole serbare il ricordo com’era. L’unica concessione galante del commissario è per una ispettrice della polizia postale a cui attribuisce il merito di una sua intuizione e che gli chiede perché vuole restarne fuori.
“C’è una bellissima commedia francese” arrispunnì Montalbano “nella quale Ulisse tenta, parlando con Ettore, di scongiurare l’inizio della guerra di Troia. E quando Ettore, stupito, gliene domanda la ragione, Ulisse risponde: perché Andromaca, tua moglie, ha lo stesso battito di ciglia di Penelope”.
Diavolo di un Camilleri erudito, tu sia mallitto, ora mi ha fatto venire gana di leggerla. Si tratta di La guerra di Troia non si farà di Jean Giraudoux (1882 – 1944) che rivisita il mito della guerra di Troia.
Non ho detto e non dico nulla della trama, salvo che Montalbano si muove in due direzioni: le filmine superotto di cinquanta forse sessanta anni prima che gli sono state recapitate e che riprendono null’altro che un muro di pietra e una inquietante vicenda di bullismo in una scuola media. Sullo sfondo poi incombe una ingombrante troupe svedese che gira un serial tra Vigata, Montelusa e Marinella (a dispetto del commissario, proprio sulla sua verandina). Per l’amica svidisa Ingrid è la possibilità di un lavoretto da interprete, per pescatori e ristoratori della zona è invece una vera pacchia. Evviva le Film Commission!
Ma quanti modi di protezioni esistivano! C’era ‘na gana diffusa di protiggirisi da ogni cosa: da quello che s’accanosci, da quello che non s’accanosci, da quello che potrebbe essiri e che non è ditto che sarà, da quelli che venno dal mari, da quelli che hanno un Dio diverso, da quelli che hanno macari lo stesso Dio ma lo pregano differenti. E comunque sempre meglio quartiarisi. Epperciò le forme di protezioni si moltiplicano.

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