Ho letto “Le torbide acque di Javel” di Léo Malet

Sempre una piacevole distrazione. I suoi seni pesanti sembravano implorare il soccorso di una mano caritatevole.
All’ultimo Salone del Libro, stand Fazi editore, ho scoperto questo autore francese di gialli, molto prolifico negli anni ’40 e ’50: Léo Malet (1909-1996) ha creato un investigatore, Nestor Burma, e già il nome è accattivante. Ha una scrittura asciutta e divertente, ben equilibrata tra dialoghi e descrizioni. Mi ha subito ricordato André Héléna (1919-1972), erano contemporanei e si sono anche frequentati. Entrambi hanno scritto molto e sotto vari pseudonimi. La saga del detective privato Burma conta oltre 30 titoli (una ventina pubblicati in Italia) più alcune raccolte tra cui una, I misteri di Parigi, composta da quindici racconti, ognuno dei quali dedicato a un diverso arrondissement di Parigi. I libri di Malet sono anche stati saccheggiati dal cinema che ha trasposto alcune storie di Burma e dalla televisione francese con ben 85 episodi in cui l’investigatore era interpretato da Guy Marchand, attore tra i più famosi in Francia nonché musicista e cantante. Di lui ricordo perfettamente la spagnoleggiante La passionata (1965), poi ripresa e tradotta in una indimenticabile versione da Gipo Farassino. Ma questa è un’altra storia.
Le gru metafisiche, che sollevano (con più o meno entusiasmo) il peso morto degli idioti, non conoscono differenze di clima o di razza.
Nestor Burma viene chiamato da una donna, disperata per la scomparsa del compagno Paul Demessy, operaio metalmeccanico alla Citroën, che l’ha lasciata incinta e senza un soldo. Il detective prende a cuore la vicenda e comincia ad ascoltare i compagni di lavoro dell’uomo. Ma neanche in fabbrica si è più fatto vedere. Inizia così a vagare per il quartiere di Javel (siamo nel 15° arrondissement: tra Bal Nègre, la rue Blomet, il café de la rue Payen e il pont Mirabeau), alla ricerca di indizi tra locali di quart’ordine e pensioni abitate da arabi. Tre donne sono sulla scena, la cartomante Zorga Tinea alias Josephine di origine maghrebina, la fascinosa Wanda, una straniera che con Demessy anni prima aveva contratto un matrimonio bianco per avere la cittadinanza francese, e la giovane e spregiudicata Jeanne che vive nella stessa scala di Demessy. Lo sfondo si rivela essere quello delle organizzazioni dei Fellagha algerini, con tanto di traffico d’armi in favore del Front de Libération Nationale. Non dimentichiamo che il romanzo è del 1957, in piena guerra d’Algeria.
“Senta” dissi. “Non faccia il salame. E’ fatto con carne di maiale e deve averne orrore. Io…”.
Mi misi a fare tutto un gran discorso, per guadagnare tempo e riflettere su come tirarmi fuori da quel vespaio. Parlavo senza percepire il suono (e tanto meno il senso) delle mie stesse parole.

Nestor Burma, noto tombeur de femmes, ci mette del suo per sdrammatizzare il racconto mentre l’atteggiamento di Malet ci apparirebbe oggi poco politicamente corretto nei confronti degli islamici. Sono trascorsi quasi settant’anni dagli attentati dell’OAS in Francia e la storia a Parigi si ripete.
Pubblicato da Fazi Editore a febbraio 2016, con la traduzione di Federica Angelini.

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