Ho letto “Così si muore a God’s Pocket” di Pete Dexter

Se non eri abbastanza stronzo, Filadelfia era il posto dove ti mandava il gruppo editoriale affinché imparassi ad esserlo.
Sono andato a ripescare il primo romanzo scritto da Pete Dexter – Il cuore nero di Paris Trout (1988), Amore fraterno (1991), Un affare di famiglia (Paperboy) (1995), Spooner (2009) – che considero tra gli scrittori americani più intriganti. Questo è del 1983 e anticipa tutti i temi dei libri successivi: razzismo strisciante, criminalità di basso profilo con gli italiani in naturale evidenza, corse dei cavalli, il mondo del giornalismo, violenza di ogni tipo, la famiglia. Poi c’è un riferimento ad una vicenda importante della vita dello scrittore. Nel 1981, quando era giornalista a Filadelfia, venne massacrato da un gruppo di lettori armati di mazze da baseball infuriati per un suo articolo. Il pestaggio lo lasciò in coma per diverso tempo e lo rese disabile, così abbandonò il giornalismo sul campo per occuparsi di narrativa. L’episodio trova spazio pari pari in Cosi si muore a God’s Pocket, nella figura del giornalista del Daily Times Richard Shellburn, corsivista controcorrente e molto amato dai lettori, personaggio non marginale del romanzo.
Richard Shellburn sedeva all’estremità del banco riservato alla stampa. Aveva cinquantatre anni e non aveva mai fatto a botte. Il giorno prima del sermone, Shellburn aveva scritto un corsivo nel quale paragonava l’avvento del New Journalism a quello di Charlie Piscoli nel crimine organizzato.
La storia ruota intorno alla morte di Leon Hubbard, 24 anni, muratore alle prime anni ma protetto dal sindacato e messo a lavorare nel cantiere per l’ampliamento dell’Holy Redeemer Hospital di Filadelfia. Lavorare, si fa per dire, perché Leon è un emerito scansafatiche, la disperazione del caposquadra e dei compagni, una testa calda sempre in cerca di guai. E’ così che, giocherellando perennemente con un rasoio lo mette sotto la gola di un anziano collega, scelto non a caso perché negro e gran lavoratore. L’uomo, ferito, reagisce appioppando una gran randellata alla nuca del ragazzo. Tutti sono concordi nel fornire alla polizia una versione di comodo: è stato un incidente per un contrappeso che si è sganciato all’improvviso.
Il pronto soccorso dello Hannemann, un ospedale che il sabato sera sembrava una ditta di traslochi specializzata in corpi umani.
Questo è l’antefatto. Tutto il libro è articolato nell’evoluzione del tragico evento: la svelta indagine della polizia, la frettolosa inchiesta giornalistica, il compianto per la morte del ragazzo, post mortem diventato improvvisamente un santo per gli abitanti del quartiere di God’s Pocket, la mafia che cerca di vederci chiaro. Poi c’è la famiglia. Leon era figlio di un poliziotto che non ha mai conosciuto, ucciso in servizio quando era molto piccolo. La mamma Jeanie (i capitoli tristi della sua vita erano più numerosi di quelli del Vecchio Testamento) si è risposata con Mickey Scarpato che a Leon ha fatto da padre ma non è mai riuscito a raddrizzarlo. Mickey a sua volta è un uomo forte ma piuttosto pasticcione. Beve, gioca alle corse, sbarca il lunario rubacchiando carichi di carne dai camion per conto della malavita, rappresentata dall’amico Arthur Capezio “Bird”. Si mette continuamente in pasticci che nel corso della storia assumono colorazioni grottesche. Solo Jeanie per il suo sesto senso di mamma, il giornalista Shellburn perché carnalmente attratto dalla signora e la mafia che vuole aggiustare la vicenda a suo modo osano mettere in dubbio la veridicità dell’accaduto.
Potevi detestare la squadra di basket locale e farla franca se avevi vissuto tutta la vita da quelle parti, ma nessuno voleva sentire stronzate da uno di fuori.
Il contesto è un quartiere di Filadelfia dove allignano emarginazione e paura, razzismo e prepotenza, dove solo la gente del posto ha diritto di cittadinanza. Dice un ubriacone all’Hollywood Bar, proprio di fronte a casa Scarpato: “Tu sei una persona intelligente, ma non sai niente di questo quartiere. Io ci sono cresciuto in mezzo a questa gente. Mi hanno visto steso in una pozza di vomito e io ho visto loro stesi in una pozza di vomito”.
Come da tutti i romanzi di Pete Dexter, anche da Così si muore a God’s Pocket è stato tratto un film, realizzato da John Slattery (God’s Pocket, 2014). Me lo sono perso ma credo che la scelta di Philip Seymour Hoffman per interpretare Mickey Scarpato sia stata la migliore possibile.
In base alla sua esperienza, quando tutti mentivano la cosa migliore era lasciar perdere. Che cazzo, è così che sono iniziate le religioni. Le brave persone si riconoscono dalle bugie.

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