Ho visto “L’arte di vincere”

“L’arte di vincere” è un gran bel film. Raramente mi è capitato di vedere una pellicola che supera abbondantemente le due ore e al termine pensare tra me e me “ma come, è già finito?”. Il film non ha molto ritmo, eppure scorre bene, forse in virtù della eccellente fotografia. Non a caso ha ottenuto sei nomination agli Oscar 2012, tra cui Brad Pitt (protagonista) e Jonah Hill (non protagonista), un simpatico cicciottello che sembra un Vincenzo Mollica giovane. Ma tra gli attori si distingue anche un ottimo Philip Seymour Hoffman, l’antipatico per eccellenza nel cinema degli ultimi anni, nei panni di Art Howe, l’allenatore.
La storia (vera) è quella di Billy Beame, ex promessa non mantenuta del baseball, divenuto general manager degli Oakland Athletics, una buona squadra ma dal budget molto contenuto. Nel programmare la nuova stagione, all’indomani di una finale perduta, si vede sfilare via i tre migliori giocatori, attratti da squadre notevolmente più ricche. Impossibilitato a sostituirli con pedine di pari valore, Billy cambia completamente strategia e con l’aiuto di un giovane laureato in economia ed esperto di statistiche sul baseball decide di affidarsi totalmente ai numeri. Basta con i vecchi talent scout, basta con la ricerca di grandi nomi. Un gruppo affiatato può valere più del singolo campione. Il resto è facilmente immaginabile. L’avvio del campionato è disastroso, Billy tuttavia è testardo e si ostina a voler imporre un nuovo approccio al mondo del baseball. Taglia ancora gli ultimi nomi che gli sono rimasti e prosegue con giocatori mezzi rotti, sconosciuti o di scarso talento motivandoli al massimo. Così arriva la risalita, il record delle vittorie consecutive, i tifosi in delirio. Fino alla finale, la gara clou della stagione che viene nuovamente persa. Ma intanto un sasso, anzi una palla, nello stagno del ricco sport americano è stata lanciata. Un concetto racchiuso bene nel titolo originale del film diretto da Bennett Miller che è “Moneyball”, come il libro di Michael Lewis da cui è tratto.
Brad Pitt delinea un manager vincente ma che continua considerarsi uno sfigato. Mangia, mastica bulimicamente e sputa in continuazione sublimando in questo modo le sue nevrosi.
Film avvincente – anche per chi non capisce di baseball – che si presta ad una infinità di chiavi di lettura e parallelismi, dentro e fuori lo sport. Come la metafora del battitore da 120 kg che si ferma in prima base perché non si è accorto che per la prima volta in vita sua ha ottenuto un fuori campo.
Da far vedere assolutamente a dirigenti, giocatori e tifosi del Torino.

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1 risposta a Ho visto “L’arte di vincere”

  1. franz scrive:

    anche a me è piaciuto molto, una bella sorpresa, bellissima l’interpretazione di Jonah Hill, da Oscar per il miglior attore non protagonista.

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