Ho visto “Vittoria e Abdul” di Stephen Frears

La vicenda potrebbe sembrare inverosimile, tuttavia è ispirata a fatti realmente accaduti. Stephen Frears (My Beautiful Laundrette, Eroe per caso, Due sulla strada, The Queen, Tamara Drew, Philomena, Florence… tanto per citarne alcuni), con la sua fine mano registica, l’ha di molto alleggerita, togliendo drammaticità e rendendola quasi una favoletta o se vogliamo una commediola. Tanto è vero che in certi frangenti ho immaginato che nei ruoli di Abdul Karim e Mohammed – quasi Don Chisciotte e Sancho Panza – ci fossero Ciccio Ingrassia e Franco Franchi. Ma questa è una mia deformazione.
Abdul Karim, giovane compilatore di registri di un carcere indiano, viene scelto per la sua altezza da un emissario del governo britannico per essere inviato a Londra a recare un omaggio alla regina Vittoria, in occasione del giubileo per i cinquant’anni del regno. Con lui parte un altro indiano, quello basso, entrambi musulmani. Divertita e incuriosita da quello strano personaggio, opportunamente vestito e istruito dai dignitari inglesi ma che conserva tutte le ingenuità e le furbizie della sua terra, la regina Vittoria ne fa il suo valletto, lo nomina monshi, suo maestro, e infine segretario particolare. La regina lo trova molto affascinante e la stessa parte femminile della corte ne conviene. Si forma così una coppia stravagante – la sovrana lo è già molto di suo – che mette dapprima in imbarazzo i dignitari di corte e poi li irrita. Abdul è diventato molto influente e il più accanito oppositore a questa sua crescita di prestigio è proprio Bertie, il futuro re Edoardo VII, considerato dalla madre un figlio poco più che imbarazzante. Infatti sarà il nuovo re, alla morte di Vittoria, a dare alle fiamme qualsiasi testimonianza della presenza di Abdul a corte nonché a rimandarlo subito in India.
La storia stessa di Vittoria e Abdul è risultata imbarazzante per la corona nei tanti anni a seguire, tanto è vero che è stata a lungo dimenticata. Fino a quando una scrittrice indiana, Shrabani Basu, nel 2010 l’ha scoperta, recuperata e ne ha tratto un libro, uscito in edizione italiana da Piemme, guarda caso proprio a ottobre 2017!, in occasione del film.
Vittoria e Abdul vale cinematograficamente per la descrizione dell’inane corte che tenta anche una sterile ribellione e la cui vacuità si contrappone al decisionismo della regina. Una Vittoria dispotica proprio come immaginiamo che sia veramente stata (9 figli, 42 nipoti imparentati con mezza Europa, un regno durato 63 anni) a cui Judi Dench regala insieme alle sue rughe di ottuagenaria tutta la sua mostruosa bravura.

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