Ho letto “La bara rossa” di Sam Eastland

Il solo momento in cui un segreto è al sicuro è quando nessuno sa che che c’è un segreto da nascondere.
Giusto un anno fa leggevo “L’occhio dello zar” di Sam Eastland, il primo libro di una serie incentrata sulla figura dell’ispettore Pekkala. Personaggio letterario notevole, Pekkala era stato al servizio dello zar Nicola II poi, sfuggito alla strage dei Romanov, spedito per dieci anni in Siberia dai bolscevichi. Quindi, riabilitato da Stalin, gli erano stati affidati dei super poteri, come evidenziato nel suo lasciapassare:
L’individuo identificato da questo documento agisce su ordine diretto del compagno Stalin. Non deve essere interrogato né trattenuto. E’ autorizzato a indossare abiti civili, portare armi, trasportare articoli proibiti inclusi veleno, esplosivi e valuta straniera. Ha accesso a ogni zona vietata o militare e può requisire attrezzature di qualsiasi tipo, inclusi armi e veicoli.
In questo nuovo romanzo Pekkala è chiamato a investigare sull’assassinio di Nagorski, il progettista del carroarmato T34, denominato la bara rossa, e sulla successiva sparizione di un modello non ancora terminato. Siamo nel 1939 e i russi cercano di colmare con questo mostro d’acciaio il gap di armamenti che hanno nei confronti dei nazisti. Pekkala indaga con il fido braccio destro Kirov muovendosi in un clima dove i sospetti, i tradimenti e le trappole sono dietro ogni angolo.
Aveva cercato di dimenticare il mondo che si era lasciato alle spalle. Ma era quel mondo a non essersi dimenticato di lui.
Brandelli del passato di Pekkala (e del precedente romanzo) irrompono in continuazione nella storia e Sam Eastland ce li propone come dei flash nella narrazione: gli ultimi giorni dei Romanov, i tradimenti reciproci tra lo zar e la zarina, le congiure di Rasputin ed infine il suo assassinio.
Certe notti si svegliava con le narici inondate dalla puzza dei morti. Barcollando fino al lavandino, si lavava la faccia e si sfregava le mani fino a farsi sanguinare le nocche ma l’odore non se ne andava, come se quei cadaveri giacessero sul pavimento di fianco al suo letto.
Lo Stalin che ci viene rappresentato è una sorta di macchietta, un uomo insicuro, crudele, lunatico e terrorizzato dai complotti e forse per questo motivo ha con Pekkala un rapporto di fiducia quasi esclusivo.
Ogni volta che incontrava Stalin, si rendeva conto del vuoto emotivo che sembrava aleggiare attorno a quell’uomo. Era qualcosa nei suoi occhi. L’espressione del viso poteva cambiare, ma quella degli occhi non cambiava mai.
L’inchiesta lascia un po’ a desiderare, si indaga nell’ambito familiare dell’ucciso – in fondo c’è sempre una questione di corna…. – ma traspare bene il clima politico e sociale dell’epoca e poi ci sono le atmosfere cupe della Lubjanka, quelle odorose delle bettole moscovite e personaggi suggestivi e sempre perfettamente inseriti nel contesto. E ancora la mitica moto tedesca Zundapp, la Emka del 1935 della Gaz sovietica, il revolver di Pekkala, Webley .455 con l’impugnatura d’ottone, che era stato un regalo di Nicola II. Insomma, anche se lo colloco un gradino sotto al precedente, “La bara rossa” è un ‘noir’ storico incisivo e avvincente. Molto russo per essere scritto da un anglosassone. E ora attendiamo la terza puntata, già pubblicata in USA con il titolo “Archive 17”. Sam Eastland è lo pseudonimo di Paul Watkins, classe 1964.
“Ho cercato di insegnarti quanto possa essere pericoloso il nostro mestiere, ed è tempo che impari che dobbiamo temere coloro per cui lavoriamo esattamente quanto coloro contro cui lavoriamo”.

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