Ho letto “Il cerchio si chiude” di John Banville

Quirke si compiacque di aver ritrovato in fretta e senza sforzo il suo tono autoritario, brusco, quella punta di insofferenza altezzosa. Per fare il capo, era necessario imparare a fare l’attore.
Ritroviamo Quirke dopo un lungo periodo di congedo per malattia dal lavoro di primario del reparto di anatomia patologica dell’ospedale della Sacra Famiglia di Dublino. Un congedo che sarebbe durato ancora più a lungo e forse fino al definitivo pensionamento se il suo assistente David Sinclair non fosse andato a cercarlo per sottoporgli un dubbio che gli era venuto. Si trattava di un morto bruciato in un incidente d’auto al quale aveva trovato un bozzo in testa non compatibile con l’impatto della vettura contro un albero. Quirke si trova d’accordo nel supporre che l’incidente e il successivo incendio siano stati provocati ad hoc. L’episodio risveglia nell’anatomopatologo l’antico interesse per il suo lavoro e così riprende l’attività. Incidentalmente Sinclair è anche il momentaneo boy friend di Phoebe, la figlia di Quirke, che già in altre occasioni era entrata involontariamente dentro le vicende professionali del padre. Questa volta infatti Phoebe è contattata da una conoscente che le rivela essere stata la compagna dell’uomo trovato morto nonché, in qualche modo, testimone dell’incidente. La ragazza è spaventata a morte, Phoebe cerca di proteggerla e poi chiede aiuto al padre. Quirke si mette a indagare insieme al suo amico ispettore Hackett.
Il futuro non comprende mai il passato.
Non vado oltre nel raccontare la trama, ma il titolo stesso del libro, Il cerchio si chiude, rimanda proprio a quegli ambienti in cui si è sviluppata la prima vicenda della serie, Dove è sempre notte. Ora non vorrei che chiudendo il cerchio non seguissero altri romanzi incentrati sulla figura di Quirke. Sarebbe un vero peccato. A quest’uomo intransigente che nella vita ne ha passate tante siamo molto affezionati: per il suo rapporto “insolito” con la figlia, per l’amicizia verso Hackett, per il rigore professionale, ma anche per le sue debolezze come l’indulgenza verso la bottiglia.
La scrittura di John Banville è di una brillantezza rara. Nulla è mai superfluo, nulla è sprecato. Le descrizioni dell’ospedale sono nitide. Cito solo ad esempio questo passaggio: Nella mensa del quarto piano, una nube di fumo azzurrognolo di sigaretta ondeggiava nella luce del sole che entrava dai tre finestroni della parete di fondo. Un pennacchio di vapore saliva fluttuando dal grosso bollitore del tè e si sentiva puzza di cavolo e di pancetta bollita.  I tavoli occupati erano pochi, i pazienti in vestaglia e ciabatte, qualcuno con un bendaggio o una cicatrice da sfoggiare, i loro visitatori annoiati e di cattivo umore o preoccupati e in lacrime. Direi sublime (anche per la traduzione di Irene Abigail Piccinini).

La serie dell’anatomopatologo Quirke:
False piste
Un giorno d’estate

Congetture su April
Un favore personale
Dove è sempre notte

Gli altri romanzi di Banville:
La chitarra blu
La musica segreta
La bionda dagli occhi neri (come Benjamin Black)
Una educazione amorosa
Il buon informatore
Teoria degli infiniti
La lettera di Newton
La notte di Keplero
L’intoccabile
Isola con fantasmi
Eclisse
L’invenzione del passato
Il mare

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