Il mio 31 dicembre a Milano

Qualcuno si stupisce ancora per il fatto che il 31 dicembre di ogni anno faccio una corsa (un salto?) a Milano. Ci vado da quattro anni. Tutto in giornata, senza faticose levatacce all’alba e neppure ritorni a tarda sera. L’alta velocità lo consente (eppure ci sono molti che sono ideologicamente contrari!). Prezzi stracciati, basta guardare le offerte. Sono andato e tornato con Italotreno spendendo 19 euro. Da Porta Susa a Milano Centrale (e viceversa) in 45 minuti. Altri 10 minuti e sono in piazza Duomo.
Il motivo per cui vado a Milano è semplice: ci sono sempre mostre interessanti. Alla gente comune l’ultimo dell’anno interessano i veglioni e le feste in piazza e non ha tempo per pensare alla cultura. Così a Milano il 31 dicembre non trovo code: passo velocemente in biglietteria e mi immergo in ciò che di volta in volta la città propone. Quest’anno Toulouse-Lautrec a Palazzo Reale con il corollario dell’inquietante mostra fotografica Memoria del fotografo di guerra James Nachtwey, considerato l’erede di Robert Capa.
Gli anni scorsi Basquiat al Mudec, Mucha a Palazzo Reale, la scoperta di Vivian Maier alla Fondazione Forma Meravigli, prima ancora sempre a Palazzo Reale Van Gogh, Chagall, Segantini…
E ogni anno concludo con la visione di un capolavoro che il Comune di Milano con una intelligente programmazione offre ai propri concittadini a Palazzo Marino. Per il 2017 è toccato alla Sacra Conversazione di Tiziano. Si entra a gruppi di una ventina di persone. Il quadro viene spiegato anche nei minimi dettagli e per completarne la comprensione c’è ancora un breve video. Il Comune fa questo regalo ai milanesi da dieci anni. Lo scorso anno ho visto la Madonna della misericordia di Piero della Francesca, nel 2015 l’Adorazione dei pastori di Pieter Paul Rubens, nel 2014 la Madonna di Esterhazy di Raffaello.
Prima di tornare a casa ho il tempo per un rapido giro attorno al Duomo. L’atmosfera è decisamente effervescente, perfino le casette del mercatino sono meno tristi che a Torino. Eppure c’erano anni (non molti per la verità, subito prima e subito dopo le Olimpiadi) in cui Torino bagnava il naso a Milano per vivacità culturale. Oggi non è più così, partita persa. O forse è meglio lasciar perdere il campanilismo e considerarle un tutt’uno.

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