Ho visto “La ruota delle meraviglie” di Woody Allen

Sia la locandina con la ruota panoramica (delle meraviglie), sia l’incipit del film con il rutilante mondo di Coney Island promettevano bene. Invece mi sono ritrovato davanti il solito film-cartolina di Woody Allen. Ci ha già spedito tante cartoline: da Barcellona, Londra, Parigi, Roma, dalla Costa Azzurra. Dentro questa cartolina ha inserito una storia traballante e alquanto scontata. Oltretutto con dialoghi convenzionali che mancano della brillantezza di un tempo. E’ da Match Point (2005) che non trovo un suo film pienamente convincente, mentre ricordo di essermi fatto le ultime sostanziali risate con Basta che funzioni (2009).
Trovo banale che un personaggio del film racconti la storia rivolgendosi direttamente al pubblico. Lo fa Mickey, il bagnino sulla spiaggia dei divertimenti a Coney Island (in realtà la location è la vicina Brighton Beach), di cui si invaghisce Ginny, un passato da mediocre attricetta e ora cameriera in un oyster barGinny è la moglie frustrata e insoddisfatta di Humpty, che fa il giostraio. Entrambi hanno un figlio da matrimoni precedenti. Quello della donna è un piccolo teppistello che dà fuoco a tutto ciò che vede ed è già in cura da una psichiatra. La bella ventiseienne Carolina si rifugia in casa del padre inaspettatamente dopo cinque anni in cui è stata sposata con un gangster (italo-americano ovviamente). Ora è scappata e la mafia la cerca perché ha parlato troppo con i federali. Nella modesta e comunque affascinante magione, letteralmente affacciata sulle giostre, la convivenza si fa vieppiù incandescente. Non dimentichiamo che c’è sempre il bel bagnino che imperversa…
Mentre soggetto e sceneggiatura mi hanno lasciato indifferente, la fotografia di Vittorio Storaro (splendidi colori) e le scenografie di Santo Loquasto (collaboratore di Woody Allen fin dai tempi di Radio Days) mi hanno ripagato. L’atmosfera Anni Cinquanta è resa perfettamente, anche per la scelta delle musiche, cosa sulla quale il regista non sbaglia mai. Potrei andare a vedere un suo film e restare a occhi chiusi, solo per ascoltare i brani che vi sono inseriti. Naturalmente c’è tanta musica ‘circense’, a cominciare da un classico come Sobre las olas (1884) del messicano Juventino Rosas (che razza di nome), per proseguire con Roses of Picardy (1916) del compositore britannico Haydn Wood che evidentemente doveva aver viaggiato in quella regione del nord della Francia. Questo brano è stato utilizzato molto dal cinema e per me resta legato a un bel drammone francese, L’Été meurtrier (1983) di Jean Becker tra le più belle interpretazioni di Isabelle Adjani. Più volte nella colonna sonora viene ripresa Red Roses for a Blue Lady, altro magnifico standard americano (1948). Ma è Coney Island Washboard dei Mills Brothers che dà veramente il senso degli anni ’50.
Quanto agli interpreti è maestosa Kate Winslet nella sua trasformazione in carnosa moglie inquieta. Si ritaglia uno spazio significativo un Jim Belushi quasi irriconoscibile.
Ancora due parole su Coney Island. E’ un bellissimo posto per ambientarci un film e infatti lì ne sono stati girati tanti. Io sono particolarmente legato a Little Fugitive (1953) di Ray Ashley, Morris Engel e Ruth Orkin che è un vero capolavoro: in quell’anno ottenne il Leone d’Argento a Venezia e la nomination agli Oscar per il miglior soggetto. E’ la storia di Lenny, un bambino di sette anni, che per uno scherzo del fratello maggiore scappa di casa e trascorre da solo un giorno e una notte sulla spiaggia e tra le giostre di Coney Island. Un film-mito della mia infanzia.

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