Ho visto “Polisse” di Maïwenn Le Besco

Credo che la cruda, drammatica realtà non sia molto dissimile da quella descritta in questo film che tratta il tema dei maltrattamenti e degli abusi sessuali sui minori. Osannato in Francia dove ha ottenuto dieci nomination ai César (e premio della critica a Cannes 2011), accolto un po’ freddamente qui da noi dove imperversa da oltre un decennio il Distretto di polizia (improponibile il confronto con Acab), Polisse è ambientato a Parigi dove opera la Brigade de protection des mineurs, un eterogeneo gruppo di agenti di pronto intervento che ha il compito di indagare sui reati commessi ai danni dei minori, per quanto possibile cercando di prevenirli.
Il film non ha un intreccio vero e proprio ed è costruito come una sorta di documentario sceneggiato che propone una lunga casistica di situazioni, a volte agghiaccianti, molto spesso maturate all’interno della famiglia come purtroppo la cronaca di tutti i giorni evidenzia ovunque. Minori abusati da mamma, papà, dal nonno, altri maltrattati o avviati al furto e alla prostituzione, bimbi abbandonati dai genitori per povertà. Emblematica la scena del gruppo di bimbi rom caricati sull’autobus dopo il blitz contro le loro famiglie. In breve riacquistano l’innocenza dell’infanzia in mezzo ai poliziotti che sono un po’ psicologi ma soprattutto genitori a loro volta.
Gli agenti mettono l’anima in questo lavoro ma inevitabilmente entrano in gioco le loro vicende personali: piccole manie, debolezze, amori, eroismi spesso inutili. E il finale, con il suicidio di una poliziotta promossa di grado ma che non si sente realizzata nella vita privata, lascia alquanto spiazzati.
Bravi gli attori, eccezionali i bambini, ma mi domando se non sia una qualche forma di violenza far loro recitare storiacce del genere. Mi chiedo anche cosa ci faccia Scamarcio in un film così. A dir poco, è fuori posto.
Due ore e 10 minuti di film sono lunghette e danno la sensazione che sceneggiatrice e regista non riescano a trovare un finale plausibile.
Infine scopro questa regista-attrice, Maïwenn Le Besco (famiglia di attori, già moglie di Luc Besson), che nel film impersona anche la fotografa ‘embedded’ nella brigata per documentarne l’attività. Sono significative la storia personale e l’infanzia travagliata, da cui deriva il suo interesse quasi morboso per le tematiche dei bambini.
Lo stesso vale per Joeystarr, rapper e attore di origine antillana, di cui si dice abbia una fedina penale lunghissima. E’ stato compagno di Maïwenn Le Besco nella vita e con lei, pare quasi ovvio, ha un flirt nella finzione cinematografica.

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