Ho letto “Numero undici” di Jonathan Coe

L’umorismo politico è l’esatto opposto dell’azione politica.
Numero undici
 è l’ultimo romanzo dello scrittore di Birmingham che pubblica regolarmente un libro ogni 3-4 anni. E’ la solita satira graffiante e divertente contro pezzi della società e della politica britannica. Questa volta Jonathan Coe riesuma una vicenda del 2003, il suicidio dello scienziato e osservatore ONU David Kelly, che aveva rivelato in una intervista rilasciata alla BBC le bugie di Tony Blair sulla guerra in Iraq. Ricorderete, era il famoso dossier sulle presunte armi di distruzione di massa possedute da Saddam Hussein. Un suicidio sul quale sono rimasti forti dubbi e che ha ispirato canzoni e pièce teatrali. Lo sfondo di Numero undici è quindi politico, ma anche culturale e sociale. Coe sviluppa il romanzo attraverso cinque capitoli connessi tra loro, tenuti insieme da un fatto o da un personaggio.
Prende l’avvio da La Torre Nera, che narra dell’amicizia tra due ragazzine di dieci anni, Rachel e Alison, nel corso di una vacanza estiva nel villaggio dove vivono i nonni di Rachel, mentre le loro madri – entrambi single frustrate – sono andate a fare una vacanza in Grecia. Tra le due bambine si consolida l’amicizia, fanno insolite scoperte attorno al villaggio, mentre Rachel scopre dalla tv cosa sta succedendo nel mondo e resta molto colpita dal suicidio di Kelly. Dai nonni trae anche lezioni politiche: “Un tempo chi apparteneva al Labour credeva in una cosa chiamata socialismo. I socialisti pensano che il mondo debba diventare più giusto per tutti, ma che, per raggiungere questo obiettivo, sia necessario cambiare le cose, eliminando ciò che è troppo legato alla tradizione e ormai superato”.
Come tornare in auge narra di Alison e di sua madre Val che abitano a Birmingham.  Alison ha scoperto di essere gay e lo ha rivelato in una lettera all’amica. Le due ragazzine si sono perse di vista per una stupida incomprensione. Intanto madre e figlia vivono in ristrettezze. Val è stata una discreta cantante e compositrice, ha vissuto una breve celebrità a Top of the Pops e ora lavora in una biblioteca. Il colpo di fortuna sembra arrivare quando la chiamano a partecipare a un reality show, Val spera di riprendere la carriera di musicista, ma la sua partecipazione si rivela un’umiliante catastrofe. Qui la satira sui programmi tipo L’isola dei famosi è feroce: la tv in questione si chiama Stercus Television.
Il giardino di cristallo ci ripropone Rachel nel 2011 studentessa all’Università di Oxford, durante un weekend in cui va a trovare Laura, sua insegnante, nella sua casa di campagna. Da lei si fa accompagnare a Harrowdown Hill, una foresta nell’Oxfordshire, per visitare il punto in cui era stato ritrovato Kelly. L’impressione lasciata dalla sua morte è ancora forte. Harrowdown Hill è il titolo del brano che i Radiohead gli hanno dedicato.
“La chiave è il Numero 11, te lo dico io. Semplice come l’acqua!”
Il nome Winshaw, su cui Jonathan Coe ha basato forse il suo romanzo più famoso – La Famiglia Winshaw – ricorre un po’ in tutto il libro. In particolare nel quarto capitolo, intitolato Il Premio Winshaw. Qui un giovane poliziotto, Nathan Pilbeam, abile nell’affrontare i crimini in base a un suo metodo particolare, sventa un attentato a sfondo politico durante una serata di gala per la consegna di un premio e nel contempo risolve il mistero dell’uccisione di due attori comici. Di sfuggita incontriamo nuovamente Alison, che convive con una cameriera presente alla serata.
Secondo la teoria di Pilbeam, elaborata in molti anni di letture e riflessioni, ogni crimine andava visto nel contesto sociale, politico e culturale in cui era stato commesso.
Infine c’è What a Whopper! Che bufala! in cui Rachel vive e lavora a Kensington in una casa di miliardari. Si occupa dell’istruzione del primogenito di una coppia e delle loro due gemelline. Qui il romanzo assume addirittura tinte gotiche e non vado più in là. Mi resta da dire che per prevenire delinquenza comune e attentati terroristici, i ricchi di Londra tendono a costruire le loro case sottoterra. I datori di lavoro di Rachel scavano 11 piani nascosti. E’ il numero 11 del titolo che compare in ogni capitolo con significati diversi : un numero civico, il numero di un tavolo, di un magazzino, il numero di un autobus.
Il romanzo è piacevole ma la bravura di Coe è far passare tutti i messaggi politici e sociali che l’Inghilterra degli ultimi anni gli ha ispirato: mancanza di solidarietà, poca coesione sociale, passività della gente, mancanza di fiducia nell’operato del governo e quindi nel proprio futuro, sfruttamento dei lavoratori, in particolare quelli immigrati.
“Una lesbica nera senza una gamba che usufruisce dei sussidi sociali? Persino i nostri lettori sanno che non esiste. Di questi tempi hanno in mente solo i musulmani. Vesti la tua donnetta con un niqab e a questo punto sì che avranno qualcosa di cui preoccuparsi”.

Altro di Jonathan Coe:
Disaccordi imperfetti (2015)
Expo 58 (2013)
I terribili segreti di Maxwell Sim (2010)
La pioggia prima che cada (2007)
Questa notte mi ha aperto gli occhi (1990)

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