La rinuncia di Roma, una lezione per il CIO

Non credo che i membri del CIO, metaforicamente arroccati nel fortilizio di Losanna in difesa dei loro satrapici privilegi (la ‘casta’ al confronto è ben poca cosa…..) abbiano già avuto modo di riflettere sulla rinuncia dell’Italia, più che di Roma, a candidarsi per le Olimpiadi estive del 2020, di cui il sito CIO non dà ancora conto. Eppure farebbero bene a riflettere, e anche presto, sulla bocciatura decisa dal nostro governo perché si riverbera su di loro e sui Giochi così come sono impostati, un evento globale che, tra l’altro, ha perso totalmente di vista l’aspetto sportivo. Le Olimpiadi – estive e invernali – vanno ripensate e ricondotte a un qualcosa di sostenibile, a costo di rinunciare a quelle discipline che richiedono strutture troppo particolari e che non trovano modo di essere riutilizzate.
A Torino è ancora fresco il ricordo dello ski jumping di Pragelato e del bob di Cesana. Era gennaio 2003 quando la cabina di regia di Torino 2006 ringraziò la Regione Valle d’Aosta e rifiutò la proposta di ripristinare e mettere a disposizione del Toroc la pista di bob del Lago Blu di Cervinia. Risultato: la pista di Cesana è chiusa e quella di Cervinia non è più stata aperta.
E’ solo un esempio, ma episodi di questo genere vanno evitati, occorre utilizzare al meglio l’esistente senza costruire ulteriori cattedrali nel deserto, altrimenti le Olimpiadi non hanno futuro o saranno solo appannaggio di quei Paesi la cui economia è in crescita (ma quali sono….) e possono permettersi di dilapidare risorse.
Quindi cari membri del CIO, imparate la lezione di Roma. Si moderino le pretese verso le host city, si cambino i capitolati, si rendano più flessibili i dossier e soprattutto sostenibili le Olimpiadi nel loro complesso. E’ urgente iniziare una riflessione seria. Magari con l’aiuto di quella parte di stampa che non si ferma alle apparenze ma ha voglia di approfondire e stimolare.

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1 risposta a La rinuncia di Roma, una lezione per il CIO

  1. Mauro Gentile scrive:

    La cicala Cio non si è accorta che arrivato l’inverno anche per il mondo dello sport. Sono pochi i Paesi che possono permettersi di organizzare un grande evento tollerando un saldo negativo tra investimenti e ricadute economiche, tra costi e ricavi. La politica degli impianti usa e getta non è oggi più sostenibile. La sfida che dovrebbe lanciare il governo mondiale dello sport, come mi è parso abbia giustamente suggerito qualche giorno fa Sergio Chiamparino, dovrebbe essere quella di provare a organizzare le Olimpiadi all’insegna della sostenibilità, senza chiedere ai Paesi organizzatori sforzi economici giganteschi e investimenti a perdere. Insomma, a partire dalle Olimpiadi estive del 2020 (il Brasile che le ospiterà nel 2016 è economia emergente e il portafoglio carioca qualche spesa superiore allo stretto necessario forse la può sostenere) la prima medaglia d’oro dovrebbe essere assegnata nella gara di risparmio.

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