Ho letto “Fiori sopra l’inferno” di Ilaria Tuti

Erano i corvi: volavano là sopra a dilaniare le prede o a cercare di aprire le ghiande sbattendole con il becco robusto contro le tegole.
Ho cercato questo libro perché sapevo ambientato in Friuli, regione con cui ho un legame affettivo e da pochi anni anche di lavoro. Scopro così una scrittrice vivace e talentuosa, che proprio da quel territorio (è nativa di Gemona), trae l’ispirazione per le sue storie. Fiori sopra l’inferno è il suo primo romanzo, preceduto però dalla pubblicazione sparsa di alcuni ‘corti’ narrativi. Mi interessava soprattutto l’ambientazione di un thriller in montagna, tra boschi, pietre e ghiacci, in una zona che, anche se non espressamente indicata (il villaggio di Travenì è immaginario), si può supporre si trovi dalle parti di Tarvisio. Natura selvaggia, luoghi quasi inaccessibili quindi, collocazione invernale:
Era il vento, il Buran, che soffiava violento da nord-est. Nato in steppe lontane, aveva percorso migliaia di chilometri fino a incunearsi nel canalone della valle, ringhiare contro gli argini del fiume, sotto la linea del bosco, agitarsi nelle golene e riemergere fischiando per poi infrangersi sulla parete di roccia.
E’ un’opera di pura fantasia ma che appoggia su due capisaldi solidi: uno, appunto, quel frammento di Friuli; l’altro è rappresentato dalle teorie di uno psicanalista austriaco naturalizzato americano, René Spitz (1887 – 1974), che ha studiato gli effetti devastanti della deprivazione materna ed emotiva sulla psiche del bambino.
I bambini sono i protagonisti inconsapevoli della vicenda, mai felici, quasi mai sereni, con famiglie difficili. Ne incontreremo diversi nel romanzo: Mathias, Diego, Lucia, Oliver…
Poi c’è lei, il commissario Teresa Battaglia, la più bella invenzione di Ilaria Tuti. E’ una poliziotta come non si era mai vista in letteratura (per quanto di mia conoscenza…). Teresa è agli antipodi rispetto, ad esempio, a una Petra Delicado. E’ piuttosto avanti con gli anni, ha il fisico debilitato dal diabete e quando è sotto stress per le indagini si trascura fino a star male, poco affabile con i sottoposti per non dire con la polizia locale per via di una tendenza a scagionare preventivamente gli abitanti del paese da ogni sospetto.
…un segnale grave dell’ostruzionismo della piccola comunità montana.
Inoltre il commissario nasconde episodi della sua vita privata passata che devono essere stati devastanti: l’autrice li centellina lungo tutta la narrazione, in attesa chissà di chiarire la figura di Teresa Battaglia nel prossimo libro. Di solito avviene così…
A rendere più tangibile e veritiera la collocazione geografica della storia, Ilaria Tuti inserisce anche un elemento del folklore come i krampus, abitanti travestiti da diavoli, che sfilano per il paese per lo più il 5 dicembre, la notte di san Nicola. E’ una festa comune a vari territori di una parte dell’arco alpino, dal Veneto all’Alto Adige, dall’Austria alla Germania, e appunto in Friuli Venezia Giulia dove la cacciata del diavolo è diffusa da Tarvisio a Pontebba.
Per la gente della valle il resto del mondo era un altrove pieno di insidie abitato da inetti e truffatori senza scrupoli. Il loro piccolo mondo incarnava una perfezione da proteggere anche a costo di qualche vita...
Spero di non aver raccontato troppo, perché la storia è da scoprire pagina dopo pagina, lasciandosi avvincere così come è capitato a me. Ora attendo con curiosità il prossimo romanzo di Ilaria, so che ci sta lavorando.
Travenì risplendeva al lucore tremolante di fiaccole e candele. Uno spettacolo suggestivo nel cuore delle Alpi, scenario irresistibile per un assassino a caccia di prede.

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