Ho visto “Albert Nobbs”

Albert Nobbs è un maggiordomo apprezzato e molto professionale in un albergo di Dublino. Solo che nasconde l’inconfessabile segreto di essere una donna, costretta al travestimento per trovare lavoro. Una mascherata che va avanti da molti anni e che le ha consentito di mettere da parte un gruzzoletto con il quale intende realizzare il progetto di aprire un piccolo commercio. Il casuale incontro con Hubert, una donna che si finge imbianchino con l’identico scopo di tirare a campare, le fa scoprire nuove possibilità di vita e accelerare i suoi propositi. Anche quello, tenero e paradossale ad un tempo, di un matrimonio con una giovane ‘collega’ cameriera. Le cose non vanno per il verso sognato da Albert e la vicenda si conclude in maniera drammatica e con un outing non voluto.
Glenn Close ha creduto fortemente in questo progetto, dopo aver interpretato in teatro il personaggio di Albert Nobbs fin dal 1982. Tratto da un racconto ottocentesco di George Moore, il film è stato sceneggiato dalla stessa Close (che ne è anche produttrice), dal regista ungherese Istvan Szabo e da John Banville. La mano felice dello scrittore di Wexford si vede eccome nella resa dell’atmosfera della Dublino del XIX secolo, esaltata anche dalla fotografia di Michael McDonough, e nel contrasto tra il pretenzioso sfarzo dell’albergo e la misera vita della servitù. L’ambiguità di Albert è trattata con delicatezza e in modo tale da fare emergere tutta la sofferenza della situazione, mentre Hubert appare felicemente e ‘regolarmente’ sposata con una donna.
Se Glenn Close è perfettamente calata nei panni maschili di Albert Nobbs, è addirittura straordinaria Janet McTeer come Hubert Page. Non a caso entrambe sono candidate all’Oscar 2012 rispettivamente come attrice protagonista e non protagonista.
Dopo Di Caprio/Edgar Hoover e Meryl Streep/Thatcher, è proprio la stagione dei truccatori.

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