Ho letto “Il silenzio dei chiostri” di Alicia Giménez-Bartlett

Di Alicia Giménez-Bartlett ho letto quasi tutto. Soprattutto ho letto gli otto romanzi scritti tra il 1996 e il 2008 che precedono questo, cioè la serie delle avventure dell’ispettore Petra Delicado. Tra la scontrosa detective di Barcellona e il suo vice Fermìn Garzòn, tra una birra, un caffè e un’altra birra, rigorosamente alla Jarra de Oro, il locale di fronte al commissariato, romanzo dopo romanzo, dopo la diffidenza al limite della reciproca insopportabilità, si è creata una sorta di rispettosa amicizia, anche se a valere è sempre il rapporto di subalternità. Storia dopo storia, siamo entrati sempre più nella sfera intima della vita di Petra: la solitudine, gli amori, i divorzi. In Il silenzio dei chiostri – che l’autrice ha dilatato a oltre cinquecento pagine – è al suo terzo matrimonio. Ora è sposata con un architetto e le tocca talvolta di occuparsi dei quattro figli dei precedenti “letti” del marito. Pagine e pagine del romanzo sono occupate dalle vite private dell’ispettore e del suo vice, mentre la vicenda principale scivola in secondo piano.
Si tratta di risolvere l’enigma legato all’omicidio di un frate erudito avvenuto dentro un convento di suore durante il trafugamento delle sante spoglie di un monaco beato e alla successiva eliminazione di una testimone scomoda. Tante le piste false seguite dai due prima della soluzione finale, che ovviamente non rivelo. Il libro è decisamente meno brillante e scorrevole dei precedenti.
All’autrice – che ho conosciuto alla Fiera del Libro e dalla quale mi sono fatto fare una dedica sul volumetto – ho detto che ho faticato a leggerlo più dei precedenti. Lei simpaticamente si è offerta di raccontarmi il finale.

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