Ho letto “Il viandante” di Hermann Hesse

Viaggiare dovrebbe sempre significare vivere una esperienza, e si può avere un’esperienza preziosa soltanto in luoghi, in ambienti con i quali ci troviamo in un rapporto spirituale.
Ho scelto bene di portare questo libro nel mio breve viaggio attraverso la Foresta Nera. Proprio lì ho letto tutto Il viandante che raccoglie una settantina di scritti di viaggio e sulla filosofia del viaggiare alternati a bellissime poesie ad essi ispirati, compresi tra il 1902 e il 1953.
Per tutta la vita Hermann Hesse è stato un viaggiatore d’eccezione, attento ai dettagli di ogni luogo e sempre stimolato da nuove conoscenze, rifuggendo però le comodità del turismo di massa. Dirà poi negli ultimi scritti che ha sempre evitato di visitare San Pietro, la Tour Eiffel, il Big Ben, l’Empire State Building e tutti quei luoghi che ancora oggi sono definiti i ‘must’ turistici, i posti che tutti devono vedere. Altre sono le cose che devono interessare il viaggiatore, il viandante.
Proprio dalla Foresta Nera parte con i primi ricordi, quando ragazzino fuggiva da casa per saltare sulle zattere che praticavano la fluitazione dei tronchi d’abete dai piccoli corsi verso il Reno e poi a Mannheim e fino in Olanda. La mia città natale nella Foresta Nera (Calw) è attraversata da un fiume sulle cui rive sorgevano allora soltanto poche fabbriche, un fiume nel quale si rispecchiavano molti vecchi mulini e ponti, con le rive irte di canneti e ontani, popolato da molti pesci e ornato durante l’estate da milioni di libellule turchine.
I primi viaggi li compie verso l’Italia e meravigliose sono le pagine dedicate a Venezia in particolare e alla Toscana e all’Umbria. Ad Assisi si interessa alla figura di San Francesco e a ventisette anni pubblica una piccola biografia su di lui.
Hesse è molto interessato all’arte, ma ci arriva passando attraverso la natura. Così nel suo Taccuino veneziano, che occupa buona parte del libro e raccoglie scritti pubblicati su quotidiani tra il 1902 e il 1911, scrive di essere arrivato alla visione dei Tiziano e dei Paolo Veronese dopo aver solcato in gondola le acque della laguna, ricche di sfumature e di giochi di colore: L’acqua della laguna, il cui colore di fondo è del tutto simile a una certa sfumatura di verde chiaro del Reno, ha una tonalità di luce di certe pietre preziose non brillanti come, per esempio, l’opale.
Italia, Indonesia, Ceylon, molta Svizzera e di nuovo Germania si snodano in questi scritti. Ma se ci sono momenti che Hesse associa alla gioia di vivere, questi sono tre: una notte invernale in alta montagna con il cielo terso e trapunto di stelle; una gita in barca, la sera sulla laguna; la vista di un’aquila sui monti.
Ciò che mi piace di Hesse è la filosofia che sottende il suo modo di viaggiare. Locande e osterie al posto di grandi alberghi e ristoranti lussuosi, e il godimento di farlo anche con pochi soldi. In nessun luogo manca mai il vino, italiano soprattutto: Però il vino spillato dalla mia ospite e raccomandatomi come “vero vecchio Chianti”, non mi convinse del tutto, lo feci portare indietro e ricevetti al suo posto un eccellente vino piemontese. Di più. Hesse afferma nei suoi viaggi di non essere mai andato a latitudini oltre le quali non cresce la vite…
E’ inutile cercare in questo libro tracce della biografia dello scrittore. Descrive solo viaggi e non parla mai dei suoi successi letterari, né dei figli o delle tre mogli. Soltanto Ninon Ausländer, la terza moglie sposata nel 1931 e vissuta con lui fino alla morte, viene citata alcune volte. Le poesie sì, perché molti dei suoi brevi viaggi erano fatti per rispondere a inviti a serate di lettura dei suoi lavori.
Personalmente ho trovato emozionante ritrovare luoghi visitati – Ebenalp, Costanza, Appenzell, Baden Baden, Grindelwald, l’Eiger, per non dire delle località italiane – ma ancor di più condividere le scelte che stanno all’origine dell’organizzazione di un viaggio. Ho sempre fatto le scoperte più sorprendenti sbagliando strada, magari inizialmente arrabbiandomi per aver perso il tragitto previsto, così come per Hermann Hesse …viaggiare deve comportare il sacrificio di un programma ordinato a favore del caso, la rinuncia del quotidiano.
Gli scritti di viaggio hanno una interruzione soltanto durante la Grande Guerra, ormai viveva stabilmente in Svizzera a Montagnola, e il nazismo. In quei periodi ha vissuto in maniera ritirata, dedicandosi alla pittura e al giardinaggio. Ne troviamo traccia in alcuni scritti successivi.
Lo vediamo anche progressivamente invecchiare (gli appunti di viaggio sono in ordine cronologico) senza mai perdere la curiosità del viandante.

Per me è meglio cercare e non trovare mai
che legarmi strettamente e con ardore a quanto mi è vicino,
perché anche nella felicità posso diventare
sulla terra solamente un ospite e mai un cittadino.
Vive le cose della sua epoca, anche se molte non le apprezza, e descrive con stupore il suo volo in dirigibile sul lago di Costanza, il suo primo viaggio in aereo, le uscite con gli sci e lo slittino. Come me, disprezza i confini nazionali: senza non ci sarebbero guerre e blocchi. Non c’è nulla di più stupido delle frontiere, dei cannoni e dei generali.
La voglia autentica di viaggiare non è nulla di diverso e di meglio di quel desiderio pericoloso che consiste nel pensare temerariamente, affrontare il mondo di petto e pretendere spiegazioni per ogni cosa, uomini e avvenimenti.
Lettura fondamentale e ora sono pronto per un nuovo viaggio…

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