Ho letto “Il metodo Catalanotti” di Andrea Camilleri

Montalbano s’appricipitò facenno tutto a ‘na vilocità tali che pariva ‘na pillicula di Ridolini.
Non c’è estate senza un Camilleri, anzi Montalbano. Giusto a luglio dello scorso anno leggevo La rete di protezione e vi trovavo lievi innovazioni nella lingua dello scrittore di Porto Empedocle e negli atteggiamenti del commissario, nella fattispecie i rapporti con Livia. Su questo secondo punto mi rimangio tutto. Unico filo conduttore negli ultimi romanzi è la vecchiaia galoppante di Montalbano che evidentemente gioca sempre brutti scherzi e come sfondo la crisi economica, la cronica mancanza di posti di lavoro che si riverbera inaspettata in drammi familiari.
Montalbano indaga sulla ammazzatina, che non è una vera ammazzatina, del direttore di un teatro amatoriale, Carmelo Catalanotti. Costui è personaggio complesso e sfuggente, da tutti considerato uomo integerrimo, in realtà presta soldi per interesse anche se non si può definire un vero e proprio usuraio in quanto pratica tassi irrisori. Questo potrebbe essere un campo sul quale indagare per la sua morte. L’altro è quello del teatro. Catalanotti ha una grande cultura teatrale e applica alla sua compagnia un metodo personalissimo che si colloca a metà tra la psicotecnica di Stanislavskij e l’avanguardia di Jerzy Grotowski. Su questo punto Camilleri calca molto la mano e sceglie di giocare su due drammi come Svolta pericolosa di John B. Priestley e Giorni Felici di Samuel Beckett. Sono gli allestimenti con i quali sono chiamati a cimentarsi gli attori della compagnia e proprio sull’assegnazione dei ruoli si concentra l’indagine di Montalbano. Catalanotti era peggio di un feroce cerbero durante i provini perché la recitazione che richiedeva era alquanto traumatica.
Dirò nulla di più sulla trama né sull’inchiesta parallela che come sempre Camilleri infila nei suoi romanzi accanto al tema principale. Il commissario Montalbano che troviamo qui è malinconico, sfuggente nei confronti degli stretti collaboratori Mimì Augello e Fazio, colpiti dalle sue sempre più frequenti stranezze, e del fedelissimo e suo adoratore Catarella: …“Tomba sugno, dottori, e chisto giuramento sullenni è”. Inoltre ad ogni inchiesta cresce la sua fame, quasi che voglia combattere la vecchiaia con il mangiari. E’ sempre alla ricerca di nuovi ristoranti, corre alla trattoria di Enzo appena può, quando torna a casa si getta voracemente sul frigorifero e sul forno per vedere cosa gli ha preparato Adelina. Tutto questo sfuggendo alle strette direttive sull’alimentazione che Livia gli ha imposto.
La caponatina mangiata di prima mattina gli ristò sullo stommaco, per cui quanno si arrisbigliò che era l’una passata si fici pirsuaso che annari da Enzo non sarebbi stata cosa.
Il metodo Catalanotti è tra i romanzi più belli che hanno per protagonista Salvo Montalbano. Alla fine lascia il lettore interdetto e voglioso della puntata successiva.
Mi permetto di chiudere condividendo il pensiero politico di Andrea Camilleri, traslato in questo caso nelle idee del suo ormai storico personaggio.
Il commissario mentri che stava per farinni ‘na pallottola di carta si firmò. ‘N funno alla pagina ‘n autro titolo diciva che sul simbolo del partito del Vaffaday non sarebbi comparso cchiù il nomi del comico fondatori puntoit, ma sulo quello del movimento puntoit.
“Votala come vò sempri è cucuzza” pinsò.
Montalbano s’augurò di non vidiri mai quel jorno.

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