Ho visto “Omicidio al Cairo” di Tarik Saleh

Impossibile vedere questo film senza pensare alle vicissitudini del povero Giulio Regeni. Ai maltrattamenti che ha subito, alla brutta fine che ha fatto. Soprattutto oggi dopo aver letto la petizione firmata da 200 accademici inglesi che invitano a non “chiudere gli occhi” sugli abusi sui diritti umani in Egitto.
Il film punta l’indice su una polizia corrotta, dai vertici all’ultimo agente presente in strada. Si svolge nel 2011, tra gennaio e febbraio, durante le proteste di piazza Tahrir contro Mubarak. Il regista Tarik Saleh ne dà conto con alcune immagini sullo sfondo della vicenda di Nouredin, maggiore (poi diventerà colonnello) della polizia, corrotto come tutti i suoi colleghi. Anche lui chiede soldi per la protezione di commercianti e semplici cittadini, affinché non vengano ‘disturbati’ da altri colleghi.  A Nouredin viene affidata l’indagine sulla morte di una cantante, avvenuta in un hotel di lusso. La ragazza ha avuto la gola tagliata e l’ultima persona che ha incontrato è Shafiq, un ricco deputato al Parlamento, affarista, costruttore immobiliare e sodale del presidente egiziano. Unica testimone è una sudanese, cameriera ai piani. Dal corridoio ha sentito la lite, poi ha visto il deputato uscire dalla stanza e poco dopo entrare un’altra persona. Dal magistrato di turno il caso viene archiviato come suicidio. Tuttavia Nouredin non si dà per vinto e continua l’indagine per conto suo. Penetra così nell’inestricabile groviglio di corruzione tra politica, affari, magistratura, servizi segreti, semplici forze dell’ordine.
La particolarità del film è che il protagonista non è un eroe senza macchia e senza paura. Senza paura forse, perché si ostina a indagare nonostante gli ammonimenti che gli arrivano da più parti, anche una mitragliata da cui scampa per poco. Senza macchia sicuramente no, perchè pur spinto dalla ricerca della verità continua a prendere mazzette. Come avviene quasi sempre nel cinema di denuncia civile, Omicidio al Cairo ci mostra la parte deteriore della giustizia. Spicca il contrasto tra la povertà delle abitazioni dei sudanesi immigrati, degli stessi poliziotti in confronto all’opulenza di quelle delle più elevate classi sociali. Mi ha colpito l’atteggiamento di Nouredin in casa di Shafiq. Chiede di andare in bagno, poi sciacqua accuratamente il lavandino e ripiega per bene l’asciugamano. Segno di educazione, certo, ma anche di deferenza e timore verso il potere.
Di fronte a tutto ciò, chi si oppone non può che soccombere anche se la stessa rivolta di piazza Tahrir dimostra che si possono cambiare le cose. Ma poi? Per cadere dalla padella alla brace? Seppur sotto un altro regime, viene da pensare che Regeni abbia conosciuto la stessa violenza da parte della polizia e dei servizi segreti. Ricordiamo che venne rapito proprio il 25 gennaio 2011 in occasione del quinto anniversario della rivolta.
Omicidio al Cairo è ispirato a un omicidio realmente accaduto nel 2008 di cui risultò colpevole un uomo d’affari e parlamentare egiziano vicino alla famiglia Mubarak. Il titolo originale è The Nile Hilton Incident. Il regista Tarik Saleh è svedese di padre egiziano. La produzione – Svezia, Danimarca, Germania, Francia – ha avuto qualche problema con i Servizi egiziani che hanno cercato di impedire le riprese. Poi è stato girato a Casablanca.

Share this nice post:
Questa voce è stata pubblicata in Cinema. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*